F.25
Flussi #4 – sullo scrivere e sul pensare allo scrivere e scrivere sul pensare
(…)
vedo l’orologio e immagino l’orologio,
scrivo l’orologio.
e non è un orologio concettuale a-materiale, è un orologio vero e proprio.
vero nel senso della proprietà fisica,
proprio in che senso?
è un bel problema.
non vedo il tempo e non immagino il tempo:
scrivo lo stesso del tempo.
in realtà parlo di tempi in relazione, tempi diversi (sono istanti).
!la poesia migliore non si vede e non s’immagina, si scrive!
ma mentre scrivo vedo che scrivo e immagino
me che scrivo.
scrivo di me che scrivo vedendo che scrivo e immagino me che scrivo
o della cosa che immagino e vedo però senza togliere me che scrivo
vedendo che scrivo e immaginando me che scrivo.
se a questo punto facessi il passo più lungo della gamba
transitando su un burrone ma dotato di ali, scriverei
di tutto ciò che mentre scrivo partecipa allo scrivere:
anche dell’orologio e del tempo, poi astraendo l’orologio o meccanizzando
il tempo!
e ancora
(…)
Flussi #3 – L’emisfero oscuro della mente
(…)
non puoi sempre ridere,
proprio no.
Certi giorni tutto il mio spirito m’abbandona e m’urla dal baratro maledicendo qualcosa:
non so cosa,
non sento.
In quelle ore annaspo tra venti d’energia e pavimenti crepati maledicendo qualcosa:
non so cosa,
non vedo.
In quei ricordi ci baciamo lei è non-vera quindi bella di sabbia
e non so più cosa stavamo facendo, cosa?
Ah, forse era solo il ricordo
d’un sogno
(…)
Flussi #2 – La vita non ha un titolo
(…)
Curiosamente tremando per inaspettato inverno
grigio umido padre di brividi, tu caldo calore
ancora non toccato m’illudi o m’illudo e basta del fiorire
sperato delle malvagie prassi passate.
Io non salvo me, tu (un tu qualsiasi) potresti
ma prima io dovrei quindi non puoi come me
sei come me.
Il mio essere insalvabile c’accomuna.
E la comunione infetta di tal morbo illustra facilmente
una distanza mai diminuendo io poi pesante o superficiale,
ondeggiante tra acqua e acqua con gola secca mani crepate.
Cala pioggia come falci,
decapita la primavera
curiosamente non salvo tranquillo che inverno è disperazione e vive la poesia
chissà se ha un valore o un sapore
o sono io
che mi allontano da tu (un tu qualsiasi) che salvi,
io salvezza non voglio:
dovrei tirar fuori di tasca l’orrore
(…)
Flussi – frammenti di un discorso lungo una vita
(…)
Pensavo che il mondo stesse morendo e che io dovessi salvarlo.
Il giorno dopo mi sono impiccato al cielo.
Penzolando nella migrazione di galassie
ho accompagnato l’universo
come testimone ignaro
d’un funerale prefissato.
Vorrei avere la forza che hanno le persone accanto a me invece in me si trovano le persone che con forza respingo fino a essere debole per la vita
Pensavo che il mondo stesse morendo
e che io
?
(…)
così dev’essere
Dolce, dolce, raffinato
così dev’essere.
Mani gravide gocciolano
in pozze bianche.
Un colle e un colle
sotto un impeto maestoso.
Le piogge del Nord
bussano ai confini dei vestiti,
si curano i lividi
con le parole.
Non è nient’altro
che una carezza
d’infinite madri.
Dolce, dolce, raffinato
così dev’essere.
Lettera al male – Verso l’utopia #1
Ai malvagi del mondo, per natura o per caso, non m’interessa l’origine della vostra malvagità, a voi dico: avrete sempre la quotidianità, le città, fino a giungere ai pochi boschi rimasti, la ricchezza e il potere, sarete il recinto del pensabile e intaserete l’aria vuota che conduce lo sguardo alla volta. Ma io, testardo illuso, creerò invece un altro mondo, avrò sempre l’occasionalità, breve, fragile, ma potente, e le occasioni di pace si moltiplicheranno. Mostrerò la porta mimetizzata sul perimetro del recinto, e il cielo oltre il cilindrico baratro che si va stringendo all’uscita superiore, oltre la quale l’universo attende. Nelle tenebre che hanno sepolto le nostre strade, dei vaghi canti risuoneranno, a indicare la marcia dei sonnambuli. Mai vi farò guerre, mai butterò la mia vita a rincorrere il male, disvelerò invece le luci nei volti, tramuterò la logica genetica del dolore e dell’avidità, finché voi vi estinguerete per mancanza di ragione d’essere. Non sarete neanche più un’idea. Io, né più né meno fortunato di voi, sorriderò nell’ombra. Destino! Che questo grido strozzato non sia vano! Ah, Destino, perché t’immagino oltre il cielo che ci fissi, lo stesso cielo che vogliono proibirci? Perché ho questi maledetti piedi che si ostinano a rimanere incollati al terreno? Destino, m’hai spezzato il cuore insieme ai sogni e all’apparato per sognare, ora regalami un’illusione. Ai malvagi del mondo, così che non si scordino che nelle nostre memorie di spiriti ribelli e anime libere è incisa la vendetta, e questa vendetta non chiede sangue, non chiede violenza, al contrario: chiede pace. Ai malvagi del mondo, così che si ricordino che il sotterraneo vento del legame del tutto non conosce sosta, e la superficie non ha scordato la sua voce e le sue mani. Ai malvagi del mondo, che vivono l’ignoranza dell’amore. Abbiate pietà di loro.
Arte?
seppur sepolto
il cadavere scheletrico dell’arte
ancora scuote i nervi
affiora, di tanto in tanto,
tra le zolle d’acqua di fango
che un tempo
furono sorgenti di cristallo
che si gettavano verso un fondale luminoso
più della stessa superficie, raggiunta dai raggi.
Io lo prego di soffocarsi
ma lui non si arrende
intrepido, guerriero immortale
la cui sola tomba possibile
è una prigione senza fuga
- se esiste -
e la sua tomba
è una sicura resurrezione
che sputa sui corpi dei cimiteri
preda dell’illusione pazza
di un posto nell’eterno
quando ogni nuova novità
non è che un avvoltoio miserabile
che nell’eterno
spiegherà le ali
seppur sepolto
A mio padre
Padre mio,
che ti sei perso prima che io ti trovassi
mi hai fatto accettare il male,
ora voglio il bene.
Mi hai ucciso prima del concepimento
nato da un seme malato
io, lo spermatozoo più furbo e vigliacco
ho ingannato la natura
sono nato piangendo per te
che conficcavi pugnali nelle tue vene crepate.
Un attimo dopo, ero adulto
in piedi accanto a te
mentre mi mostravi l’orrore del cuore tuo,
con un fare tenero
che ha reso dolce quell’aspro succo.
E allora, ho capito
che non sono mai stato adulto o bambino
o ragazzo o neonato che sia
mi hai trasmesso la saggezza del dolore
incanalando in me vibrazioni stellari
tremando di consapevolezza dopaminica.
La puerile soddisfazione
degli eterni insoddisfatti.
più straziante
di piangere
e non sapere il perché,
è non piangere
senza sapere perché
non ci riesco.
ho una diga nel cuore.
.
baciami,
e riderò per piangerne poi.
o amami,
piangerò per riderne poi.
Nella notte
Diresti che il sole non esiste,
solo perchè non è in cielo, nella notte?
non è forse la luna,
che ruba il suo scettro e il suo trono?
non è forse il cielo,
che accoglie entrambi come una madre,
e li abbraccia come due figli dal padre diverso?
non è forse un sole il lato tuo che preferisci?
così come nel giorno del mondo,
tu risplendi nel giorno della tua anima,
e tutto si fa chiaro intorno a te,
e coi tuoi raggi abbracci chi capita,
e l’ombra non è ombra
ma solo un luogo che non raggiungi.
Non è forse la luna il lato tuo che non vuoi?
e allora il sole fugge, si nasconde,
ma lascia alla tua luna la sua luce.
Così come nella notte del mondo,
tu muori nella notte della tua anima,
e rinasci più splendente e più ardente.
E trovi la pace immobile nel buio,
e in silenzio osservi e dai dolce compagnia a chi c’è,
e la tua luce non acceca,
ma consola gli inconsolabili.
a te,
che ti fingi sempre un sole,
ma sei anche una bellissima luna.