G.113
Putrido fango
impasta i miei piedi.
Vano tentare
di sciogliere i lacci.
Immondi vapori
confondon i pensieri.
Il corpo s’agita.
Le idee si disfano.
6.
Per fortuna il mondo sorride e canta.
Saranno i boccali vuoti sui tavolini sudici
o forse gli occhi di giovani innamorati
a rendermi quel sorriso che mi sono strappato
con le mie stesse mani e le mie parole.
Che questa pinta di sidro sia la medicina giusta
per la mia sfrenata e insensata collera!
Vorrei dimenticare, ma non lo farò mai…
Mi accontento del palliativo di questi sorrisi su volti felici.
Il mio lo è stato sempre con te, anzi, non era solo felice,
rideva e non sentiva altra ragione che il riso dei tuoi occhi!
È sempre cosi, sempre, tranne quando brucio.
5.
Questa luna tiepida e umida,
questo vento caldo e soffice,
le scaglie di mare che scalpitano
le stelle nel cielo che ammiccano,
non sento niente se non il mare.
Non sento che me e i miei pensieri.
Tu sei qui, per fortuna, ma non ti sento.
Sei come un vuoto, un porto senza barche.
Mi chiedo se si spegnessero tutte le luci,
Se di colpo tutto fosse nero
E nel mare risplendessero anche le stelle,
Se anch’io mi sentissi finalmente in compagnia.
Quanto mi vergogno per queste parole,
Nonostante tutto, io, adesso, non ti sento.
Non smetto di guardare il riflesso della Luna,
Ogni tanto sento come il rumore della cartina della sigaretta rollarsi col vento,
Per fortuna c’è la stella della notte
E io vedo delfini dove non c’è altro che piatto mare.
4.
Si sono appena accese le luci dei lampioni.
Dei lampioni che piano piano si fanno plumbei come la luna.
La luna grande e lattea che ieri ci guardava ridere
con gli asini e le ciliegie serrate nelle mani.
L’acqua di questa fontana scrosciante
gracida come le raganelle tra le frasche
Giammai i tuoi occhi mi sono sembrati tanto dolci
come in queste sere tra la Spagna e la Francia.
Giammai avrei potuto pensare che si stessero preparando a strabordare
lacrime salate sulle tue gote di velluto.
Giammai avrei creduto che tu potessi essere tanto triste.
Giammai vorrei che una dolce luna diventasse un’amara tempesta.
3.
Mi sento come uno di questi maledetti re cristiani,
intollerante e maleducato.
Intollerante e violento,
porto avanti la mia crociata
distruggendo tutto ciò che in realtà mi dovrebbe interessare,
tutto ciò che desidero e che mi fa dire sì.
Martire di me stesso e guerrafondaio nella mia stessa casa.
La guerra non dovrei farla contro gli altri,
ma dovrei farla contro me stesso.
2.
Solo paura, paura di lasciarti scivolare via
Nel pozzo delle mie lacrime e dei rimpianti.
Non ricordo più nulla se non la mia collera,
E delle tue bontà solo una leggera sfumatura
Rimasta nelle lacrime che ti ho fatto versare.
Sono qui solo più che mai e penso alle tue ali
Ai tuoi voli di creatura ora libera e ti vorrei.
Vorrei riconquistare quegli occhi, nella purezza
Delle notti illuminate da tue parole e pensieri,
Non smetterò mai di gioire della nostra favola
Così bella da poter forse essere solo un libro.
Una bellissima storia per giovani non cresciuti,
Una benedetta complicità senza un fine,
Ma con una conclusione chiara come la Luna.
Dimmi che mi sbaglio, prendimi per mano,
E sussurrami che non ho capito niente.
1.
Riderete di me. Chi non lo farebbe!
L’essenza la nascondo, la celo.
Ma con voi, io, gioco a nascondino.
Sono qui per deliziarvi con una commedia tragica,
una messa in scena senza copione.
Un burlesque di dure verità
E un pantomima di sciocche falsità.
Riderete di me. Chi non lo farebbe!
Un mondo di occhi chiusi,
Di orecchie turate,
Di bocche secche,
Di mani bucate,
Di uomini e donne senza parte.
Copioni di copie di pagine bianche.
Silenzio assoluto, nel frastuono dei giochi di ruolo.
Riderete di me. Chi non lo farebbe!
Io suono.
Provo a suonare.
Ripeto la mia parte.
La cambio.
La vivo.
Io scrivo.
Mi sento.
Voi non lo saprete mai, forse.
Allora riderete di me. Chi non lo farebbe!