Ricordo
lunghi viali alberati
stendersi vibranti
e sfocati
di fronte ai nostri vividi sguardi
in cerca di frugali attimi
di felicità al neon.
Ricordo
il mio corpo disteso
tremante e beato
decorato da brandelli d’ombra
che danzavano riflessi
nei miei occhi santi
e la schiena
trasudare estasi
al suono sporco della metropoli
che si confondeva
con il rumore sgraziato
di quella fisarmonica ubriaca.
E mentre il vecchio Josip suonava
la città respirava
il cemento respirava
il cielo respirava
io respiravo.
Ricordo
che qualcosa stava nascendo
in quei giorni assonnati
ma ancora non conoscevamo
il suo nome.