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Dies irae

Quante volte ho cercato l’incastro che
potesse garantirmi liberazione,
l’ho cercato disperatamente in occhi d’alluminio,
tra i rami di alberi smunti,
sotto l’edera delle lapidi e
nella solitudine delle stazioni
finché, con il cuore contrito,
ridotto a cenere,
cullai le mie lacrime