Tu esploravi per calmarmi
il delta delle mie vene dei polsi
io il delta di venere
delle tue paure e delle tue costrizioni
Era l’estate dei miei trent’anni
e non sapevo cosa perdere prima
mentre un gigante sporco di carbone
mi raccontava storie di volpi e benedizioni
Noi ci guardavamo impauriti e meravigliati
nei giorni che precedevano la grande rapina
trattenendo il fiato nell’attesa di capire
a chi dei due spettasse il nome di Stalingrado
Era l’estate della riscoperta della vulnerabilità
noi eravamo alle prese con quella che aveva l’aria
di essere una violenta tempesta tropicale
ma io trovavo irresistibile il tuo viso sotto la pioggia
Era l’estate del mio secondo Satori
Tu dolce Esmeralda ballavi in un vestito leggero
fatta di fiori scuri commestibili profumavi
di una città addormentata nel Mediterraneo
Mi hai chiesto se la mia poesia
fosse fatta più di gioia o di dolore…
Tenta di capirci qualcosa tu amore
che io ormai sragiono di continuo