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Un pò di leggerezza

arriva per dare vita

al giusto riepilogo delle vicende,

dove finisce il passato

portato via da fiumi invernali,

decomposto dalla fame dell’avvenire.

O semplicemente è finito

l’insospettabile sguardo della giustizia

che volle far sentire la sua presenza,

per raddrizzare la via del decadimento,

per gustare l’esistenza senza pentimento.

Quando passi davanti al mio sguardo

l’attività dei miei pianeti sviluppa un insolito richiamo.

Al tocco impulsivo del mio universo,

il tuo sorriso stirato oltrepassa il saluto come un gelido dardo,

sfreccia senza amichevole intento dal peccato che pareggiamo

a poggiar sul mio cuore, infranto e regresso in ogni suo verso.

Bastano a noi le storie di verbali abusi

questa noia di una nuova composizione della polvere

tra scambi e opinioni sulla bella e contesa ragione

vivere e riflettere dei giorni tra costumi e usi:

ogni quel dì porterà il tuo nome, rosso colante sul rovere

della creazione che fu all’innocente illusione.

Eppur, quando passi, è meraviglia vederti ondeggiare

sui tuoi fianchi equini, dondolar silente sull’indecisione

atti del futuro assassini del presente, per il tuo istinto

di solcare l’oscuro orizzonte verso un lontano giaciglio, per mare.

E se un filo di voce potesse sussurrarti: cavalca le onde con più passione

e veleggia sotto un tramonto vermiglio, per te il perdono è già dipinto.

Ho visto sovrapposte

le cose più belle

ancora lì vive

nello spigato fiore di un gruspino.

Strappato e teso a piene mani

verso il muso desioso di un cavallo

l’ineluttabile gioia del trasformare

ogni cosa in fertile letame.

E nuovamente l’aurora solca l’orizzonte

gonfia in petto la verde danza terrena,

finalmente respiro

il vento interiore della meraviglia,

la bellezza diventa infinita.

Sarà un incontro

di specchi e animali

quando osserverò la mia figura

che ciecamente cercavi

quando anni di un pensiero

trovano filamenti di luce

e tutto il resto celerà all’interno.

Rappresenti il tempio

con aglio secco all’entrata

che non potrò solcare con streghe e stregoni

e con fiumi poveri di un piacere ignoto,

perchè sei parte di un volo amico

lunghe fila di aironi che passano osservando

stagioni mitigate dalla volontà.

E stà tutto qui

nel pulsante cuore

e all’attenzione del tuo velato sguardo turchese

che non vuoi completamente mostrare

la mia gioia di vivere.

L

Felici come le rondini

che volano basse sfiorando il terreno,

prima della pioggia

e i lombrichi che escono

dalla loro tana

grazie all’umido

e per la prima volta

toccano il cielo.

Sui ponti ci scambiamo gli occhi

per ammirare meglio i colori.

Sfioriamo le mani,

ci baciamo,

fermiamo il mondo

con il nostro odore.

Preghiera

Appannami,

impediscimi Signore

di vedere come le cose mutano,

come si distrugge il percorso

che ho fatto.

Rilassami,

prendi la mia mente

e squartala,

cancella il mio futuro,

sezionala fino in fondo.

Strappa!

La mia coscienza e i miei pensieri

Sono la mia offerta.

Lasciami,

vivere di istinto

ribollire il sangue nelle vene

mangiare il prossimo mio

come me stesso.

Annienta i miei nemici

Gli oppressi,

i vinti,

gli stanchi.

Eradicali come il vento le querce,

fai che nella mia strada

non incontri nessuno

che non guarda il cielo a testa alta

per cercare in esso il suo riflesso e

non conferme.

Nebbia

Un mare così incerto da confondersi al cielo.

Ti aspetteresti di vedere le stelle riflettercisi,
nitide e chiare.

Invece era,
vaga ed infinita,
umile nebbia.

M.22 chiama

Nella notte urbana

quando penna al cielo sporco- grasso alle pareti marcia

piedi vani;

M.22 ascolta e chiama.


Nelle rotaie a fondo quasi nero zoppo

barbone in passi speciali autorizzati per biciclette negli

sportelli del metrò;

M.22 chiama.


Nelle valanghe amministrative e

canzoni commerciali pre-serata per-riot di protesta

organizzata contro papàsbirro 1200

euro al mese;

M.22 invoca.


In viali pubblicitari

vite automatizzate e robot da consumo-credito

perché guadagno credito

perché sono credito

perché amo il tremito a soverchiante numero di pornostar

rabbiose di vendita, e selvaggio

specchiarsi in selvaggissimo rito,

calandosi piano fra gli idoli di Tetra Pak

M.22 urlando implora


E ora?

E ora?

E ora?

La luce e gli elettricisti

In chiesa,
mi persi fra pensieri gravi,
come la polvere sui marmi.

Avessimo un lume qualsiasi,
per rischiare i nostri tempi,
e direzionare il torpore.

Ah, gli Dei,
strane creature che evadono
la loroconcezione,
come mai generati
da stirpe alcuna.

Ed adesso,
nel buio delle candele
che inteneriscono i volumi e le forme
di quei volti
e di quei colli,

amoreggiano candide
le ombre della giornata.

Combattevo con linee e numeri
la mia indecisione
e battevo lo stilo contro il legno,
ritmando la fine progressiva.

Gli elettricisti.

Accesero le luci ai nostri santi.

Allora le loro sembianze sotto nuova luce vedemmo
e non avendone paura,
banchettammo sui loro cenotafi.

Il cervo

Se un giovane cervo vede un cacciatore

Mai fuggirà da questi,

e incuriosito lo guarderà, tremando,

mentre questi prende la mira

e spara,

ferendolo al cuore.

Gli alberi piangeranno in quel momento,

foglie, d’oro come maschere mortuarie,

cadranno dal cielo,

ma sarà soltanto l’abbandono di un corvo dal nido.

Così l’uomo vive solo d’illusioni

E lascia libero il cervo, preso dalla colpa.

Così il cervo rimane carcassa,

abbandonata in un bosco desolato,

quando avrebbe potuto

scomparire insieme al dolore.

Il mondo impietoso lo lascia vivere,

lo avvolge, risana la sua ferita.

Resta la cicatrice e l’esperienza,

fuggire dal cacciatore, e nel caso cada per sua mano

volgere il capo, che gli occhi non si incrocino.

Alcun fulmine lo colpirà,

sarà perso in brevi passioni,

come scintille di una coperta.

Il terrore reggerà i suoi piedi,

fino a quando non saranno quelli a cedere al terrore.