Skip to main content

A proposito del bianco e del nero

non ti spogli dei
mali irrisolti
nella canicola d’agosto
di voglie sudate
di vuoti incolmati

mosso d’impazienza, ma
non ti svesti dei
sensi di colpa

responsabilità comuni da riversare in settembre

parlo
per due

cerchi la pace nel tormento

rimandando
le cose da fare
è facile perdersi
in un rimpianto
sfumato
in un ottobre cieco

Inno

Una struttura semplice
stati della materia intrecciati
colori abilmente legati
in un autunno complice
dopo la pioggia, come il sole
e una brezza leggera, sei
naturalmente
tutto ciò che
mi serve.

Ponzamento

Inarrestabile
avvicinarsi di
luci soffuse,
combattenti incaute
del giorno morente.

Lumi: sinonimo di
anisotropa
estensione dei
nostri corpi,
che le mie
gronchie mani
possano donare
risquitto al tuo
Cuore infermo.

Lieto non è
chi si scontra
con l’avvenire, ma
chi lieve
si abbandona
all’idea della fine.

Intermezzo

Vecchi-nuovi scenari
ripetenti immagini
girate
al contrario
diverse,
ma sempre uguali.
Stesso orizzonte, ma
lo guardo
dalla parte opposta
anche il vento
viene dall’est, è fresco
come lo Zefiro
seppur inverso.

Come mai attorno a noi
tutto è specchiato?
Se noi siamo sempre noi
perché ogni cosa va all’indietro?

procedo ed inciampo
correndo tra i miei passi
percorsi nell’ottica saccente
“chi si ferma è perduto”

insolente ricerca di un’indole indolente
per un punto di fuga agognato
in ogni vasariano concepimento
di un luogo seppur astratto

è appagante avere la celestiale
condanna di chi consapevole
si defila dall’asprigna realtà
saltando più in alto che può
avendo i piedi di piombo

Spettro continuo di parole discretamente stocastiche

Regno dei morti:
cenere ardente
pagine sporche
placeba distensione
ritrovata nel supplizio eterno.

Inchiostro notturno:
può la trascrizione imperfetta
carpire gli ambrati colori
dell’eterea magnificenza
della discesa al Pireo?

Declino astrale
pioggia battente
fuga fulminea:
paralisi eclettica
[antonomasia del Sublime].

due

sembrava cessata
ma le pagine s’impregnano
ed i vestiti s’inzuppano

sono ancora qui
caparbia
non me ne voglio andare
non ora che
riesco a sentirla

sarà
perché ora
forse
ha smesso

uno

è il silenzio
è l’autunno e
il fiume che scorre

piove
non me ne accorgo
ma mi bagna

sarà meglio che apra l’ombrello
non ci sono altro
che io

Ombra

Solito andare
solito andante
un poco maestoso,
ti cerco, ti bramo
il tuo richiamo è
nelle sinfonie.

L’ombra di te
non è svanita
pensavo si fosse persa
negli allegri d’esordio
briosi e vivaci,
ma anche stavolta
son ferma sull’adagio.

L’orchestra continua
cerco di inseguirti
di far sì che le mie lacrime
rendano giustizia
ad un vano ricordo,
non ci riesco ora che
non c’è più il jazz,
è difficile sognare di
tastare il tuo volto
abbracciarti e danzare.

Piangere e soffrire
era quasi più bello,
immaginarti lontano
e in realtà non lo eri.

È struggente scoprire che
ora lo sei davvero, perché
è complicato amarti
ora che non sei più
a due sedute da me.

Sordo

E così, basso all’orizzonte
cali
indisturbato
tra il mio disperare
e il gracchiar dei gabbiani
divenuti ormai
indistinguibili.
Ti nascondi tra le case
non vuoi farti più vedere,
“ai problemi” dici
“ci pensiam domani”.
Non ti curi di chi urla
come indifferente
alle loro sofferenze
sei sordo.