Mi piace camminare
e respirare l’aria salmastra
a ridosso del crepuscolo.
Tutto assume, per i sensi,
una diversa forma
un diverso colore
un diverso profumo.
È qui che vengo a
cercare la mia pace,
si mesce con l’Arno
che scorre lento,
lui non ha fretta,
e con il mio insensato
pensiero di aver trovato
la tanto desiderata libertà.
Chi l’avrebbe mai detto:
scrivo ancora di te
che caparbio mi costringi
a vagare per il Viale delle Piagge
dandomi la sensazione
di essermi finalmente
slegata dalle tue catene.
Non mi avevi avvisata, però,
che non avresti aperto
la gabbia, dove ti diverti
a tenermi prigioniera.
A.102
Waltz 2
Senti la Magica Overture?
Presto, prendiamo posto!
La luce è soffusa, i musicisti cantano
le passioni che anche ora
ci hanno colti di sorpresa.
Le poltrone dorate son comode,
cullata da un adagio in Sol minore
scrivo una sinfonia. Ti ha mai ispirato Mozart?
L’andante lascia il posto al Jazz Suite,
a due sedute da me fissi il palcoscenico.
Anche a te emoziona il Valzer?
Non è durato il tempo necessario:
siamo io su un Foxtrot
e tu sulla Polka di prima.
La Marcia mi asciuga le lacrime
tra una Danza e l’altra tu conduci,
sul gran finale, quella del delirio.
Un allegro un po’ troppo incalzante
per il mio adagio.
Prima o poi troveremo un direttore
che farà suonare l’Orchestra solo per noi
e magari piangerò, finalmente di gioia,
per aver ballato con te sulle note
del nostro Valzer n° 2.
Trasparenze
È guardandoti che mi accorgo
quanto coraggio mi sia mancato.
L’eterno ritorno del desiderio
di trovarsi, ancora una volta,
l’una di fronte all’altro
a stimolare i pensieri, ancora una volta
a disquisire di noi.
È guardandoti che mi accorgo
quanto coraggio ti sia mancato.
Ore intere a cercare di
leggermi tra le righe:
ti avrei risposto, lo giuro.
Ti avrei detto: “non temere
anche io provo lo stesso.”
È guardandoti che mi accorgo
quanto coraggio ci sia mancato.
Forse non avevi tutti i torti a non chiedere,
non avrei osato, neppure io.
Mi mancava il coraggio
Ti mancava il coraggio
Ci mancava il coraggio.
Ma adesso più che mai
mi rendo conto che: quella notte
illuminati da una abat-jour,
saremmo andati avanti per giorni
a raccontarci delle nostre vite.
Li vedevo, li leggevo nei tuoi occhi
i quesiti che avresti voluto pormi,
i segreti che avresti voluto svelare;
perché mai come allora
ci sentivamo al sicuro
l’uno nelle storie dell’altra,
perché forse oggi, come allora,
di guardarci, il coraggio,
ci manca anc(h’)ora.
Se solo gli Alisei…
Potevi dirmelo che
per far rinascere la Primavera
nei nostri cuori,
serviva una notte
di inarrestabile pioggia.
Avrei costretto Eolo
a far soffiare
gli Alisei sulle nuvole
ed allora obbligato Zeus
a servirsi della Folgore.
E dopo aver fatto piovere
fino a quando
l’Inverno dentro di noi
non si sarebbe sciolto,
ti avrei trovato lì
con gli occhi strapieni
di dolcezza ed un sorriso
sempre pronto a farmi
esplodere il petto.
Ma tu non ci sei.
Perché in Primavera
non rinascono che i fiori.
E a volte
neanche quelli.
Dovremmo guardare più tramonti
ci somigliano parecchio.
Non siamo che un giorno
oramai giunto al termine.
Dove ci ha portati l’orgoglio?
Memorie
Verrò
sul tuo sepolcro non
per piangere, non
per disperare della tua assenza,
ma per ridere
come tu mi hai insegnato
e per gioire
della tua presenza
nei miei ricordi passati.
Perché di memorie
si vive e di memorie
si muore
così
dolcemente.
Narciso
Su una pietra in mezzo al fiume
non domandare perché
tutto scorre.
Da una pietra in mezzo al fiume
ammira il fatuo
andare dell’acqua.
Da una pietra in mezzo al fiume
puoi scorgere l’istinto
impavido del paesaggio
a discapito del suo tacere,
scavando tra i meandri
di questa quiete.
Da una pietra in mezzo al fiume
il tuo riflesso non sembra più
così nitido Narciso,
la tua Eco grida ed
il riverbero del suo strepito
eccheggia sonoro
nella verde e grigia radura.
Su una pietra in mezzo al fiume
pare tutto colmo di vita.
È Primavera, tutto si desta
e tu, greco cacciatore, rifiutasti
la più preziosa delle Oreadi
facendola morire di stenti
nella ricca stagione.
Neanche i sensi di colpa
ti salveranno, perirai
nel modo più atroce
patendo le pene d’amore.
-ma una speranza c’è:
da una pietra in mezzo al fiume
non domandarti perché
tutto scorre e perché
alla tua bellezza non
è resa giustizia, ma chiedi
dove sarà la cascata più vicina
e tuffatici dentro Narciso
a valle rifiorirai
in compagnia di Eco
vestirai il tuo ego
e lo ricoprirai di amore.
Ode al miracolo della piazza
Bella
da spezzare il fiato.
Maestosa
da restare attoniti.
Ode a te Campo dei Miracoli
che imponente ti ergi
a ridosso del variopinto borgo.
Ode a te Battistero
ed alle tue guglie
concepite per stupire.
Ode a te Campo Santo
che nell’assoluta quiete
i grandi riposano.
Ode a te Cattedrale
che degli artigli del diavolo
ne porti martire i segni.
Ode a te Campanile Pendente
che dalla rena inclinato
senti a star ritto sul basamento
ma non osi cadere giù
per non sfigurare
dinnanzi la città intera.
Ode a te piazza eterna
che mai sfiorisci, né sparisci
sotto il corso del fiume
impetuoso dei turisti occasionali.
Ed ogni volta
in tutta la tua immensa
importanza, nonché grandezza
che i tuoi marmi comunicano,
ritrovarsi di fronte a te
è sempre
straordinariamente
come la prima.
Confini
In questa terra sconfinata
dove l’acqua s’incontra col grigio cielo
e la scogliera si affaccia sull’oceano
non vedi la magia di ciò?
Non vedi l’infinita bellezza
che questo luogo traspira?
Riesci a sentirla?
Ti senti percorso da un’incostante brezza
che lieve ti scosta l’anima?
Mi lascio cullare.
Permetto che mi scompigli
che mi faccia sentir freddo
che mi sconvolga.
Sospesa dalla corrente di un mite vento
a metà tra immaginazione e realtà
mi son fatta natura. Adesso:
sono le onde del mare
i fili della verde erba
i granelli della sabbia
che lenta viene erosa, dipinti
nello spazio dei sognatori
nel ritrovo dei poeti.
Manifestati
Lascia
che le tue parole
sboccino
come gemme
nella stagion lieta.
Permetti alla metamorfosi
di commettere il suo corso,
o morirai soffocato da
inutili paure
ed il tuo essere
tramonterà col sole.
Non fare come me
mi sono spenta più volte
indugiando su da farsi
atterrita dall’avvenire, perché
ci vuole impegno a ricominciare
quando si è distanti
quando si è affranti
quando si è soli.