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Nell’inverosimile scoccare di scintille
e fiamme, capovolto giro del mondo
e frattaglie
di masse e fumi
Densi
nidi, caverne
Odore di arso che porta alle strade
a farci saldare il conto corroso,
avidamente a spingerci senza dipingerci

Nello svanire cercare da buchi appena bui,
fessure, ondeggiante arresa dell’occhio
Il dolore ci frana e sparisce , quieta l’asprezza,
tutto mi stride, diventa

Inutile.

Stasi

Ci furono cose che mai osai dire ad altri
e mai nemmeno a me stessa.
Quando le scorsi le vidi
sentendo
scostarmi da veli sottili di strati incoscienti
anime funebri
poi gioiose
Varcando
il confine senza voltarmi d’un passo
in quel fosso di mucchi d’ossa
che tralasciai nell’andato passato
discusso
trai fuochi miei

Andata andai
come gioendo del mio pianto

col passo vano.

 

Di quei ronzii ne ho l’udito vuoto
fattosi sordo al richiamo muto

Ho un desiderio di fuggirvi,
mentre agile vi dipingo sui sassi in crepe.

5 S 1

Cristalli giù dal cielo
mentre succhi acerbi mi bagnan la gola
È inverno
al caldo il mio sogno lucido
trascende
tra gli spettatori di commedia
mi accingo ad un cenno e un rifiuto
ti ricordo
che sono qui.

Chi son io?
In questo spettro nell’aria buia
all’ora del silenzio
coi polsi gelidi nell’acqua della vasca

Chi son io, mi chiedo
lontano dal riflesso infranto
aspettando primavera
arrivando in inverno
con un gemito
di singhiozzi
tra le nubi.

Io devo trovarmi
sdraiata tra le foglie.

Scrivere non è sapere parole
ma donare intenti
precedere i passi
pesanti
di uomini grandi.

Quando giaci in rovina e ti siedi
e ti guardi
affanni gli avanzi
datati e scaduti
che ti porti in fardello,

all(‘)ora
scrivi.

Kjærlighetens salme.

Du er den aller høyeste av det bølger.
Og jeg, jeg kræsier med deg.

Homo homini lupus

Certe volte
gli uomini
potrebbero
per se stessi
essere uomini

Eppur ognuno
si gode
con cauta
atrocità
la ricompensa
di sentirsi
scomposto
tra le proprie debolezze
e nelle virtù
altrui.

6 CO2 + 6 H2O → C6H12O6 + 6 O2

Io, ramo di salice
Tu, corteccia di pino

Danziamo, cadendo e gioendo
Di pioggia
Di terra
Di freddo di inverno
Di caldo d’estate

Matrici radici di ere infette e siccità
Tra distese e dune
Ci dissero
E ci videro
-divisero-
Annunciarono, aizzando, uragani lontani

Impeto feroce sulla nostra costituzione

Distrusse le foglie,
seccò i rami,
Devastò la corteccia,
fino al midollo.
Eppur le radici nostre s’intrecciarono.

D’un tratto
Il sole.

Fotosintesi clorofilliana.

Piovendo io

Immensamente

In questa notte di stelle
ho vìolato nel profondo
il martirio congiunto
del difforme tumulto

Lasciandoti il compito
di assolvere le mie pene
senza destare sdegno
coi tuoi occhi pungenti

La vastità di questo tutto
piange tra le lacrime
e mi pulsa sul cuore

Silenzio.