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Versi liberi II: Bologna per me

“…ti stringe a sé
E non ti soffoca mai
Ti tiene attaccato eppure
Ti rende libero”
S.157, Bologna, 31 Ottobre 2020

Aggrapparsi agli istanti, ad ogni occasione,
Nelle notti senza pensieri, dal vino
Inebriate, per le vie e le piazze
Che mettono ai porticati
Barcollando nel segno di quella fraternità strana
In cui si raccolgono le anime
Inquiete al chiaro di luna,
Spregiando i satrapi e i loro vaniloqui,
Perché se me lo chiedi, una cosa
posso dirti: ciò che non voglio
Essere né divenire mai

25 Aprile 2023

Germogli di Marzo

Mi sono legato alle persone sbagliate

Mi hanno inviluppato in una stretta morsa

Raggomitolato nelle mie intime convulsioni

Ho strappato la mia apparenza dal lembo di pelle che intrappolava la mia essenza

È fuggita, ora vola e va

E quasi non ho paura che si perda.

 

Sospende l’eterea sostanza
levata, sua, dall’eolo soffiante:

batuffolo sperso nell’áere,
caprìola leggiadro, riflesso d’opale.

 

Marzo di attese, delusioni e sorprese;

tra la fine e nuovi potenziali inizi mi perdo.

Lascio che i ricordi della città mi trascinino altrove, lentamente, silenziosamente.

Mi inebria il nostalgico odore dei luoghi, delle persone che ho incontrato, delle vite che ho sfiorato.

 

Ed è proprio in questo vortice di incontri,

che cerco la mia essenza.

Per ora questa ricerca rimane un cammino incessante,

alle volte perfino sfiancante.

 

Corre veloce l’abitudine

della quiete.

Accorri, o fuoco

dei grandi momenti.

Serve poesia,

ad attimi alterni,

per non tornare

dove tutto ritorna.

Versi liberi: Ad una tirocinante

Non vedrò domani i tuoi occhi
E nemmeno il giorno dopo;
Tu, nel candore del camice
Sempre avanti a me, il passo
Certo di chi sa dove cercare.

Io ti saluto, Igea,
E m’apparecchio a scordare il tuo nome
Come si oblia una bella frase
Nella profusione di inchiostro
Tra prologo ed epilogo,
Non il sorriso disegnato sulle palpebre
Con cui mi scaldavi ogni mattina

Juvenilia I (MMXVII)

Ascoltavo il suo battito.
Sul netto paradiso il volto
Si posava, altro non chiedevo.
Ora lo so quale suono
È nel centro del mondo:
Ov’era un senso di smarrita
Solitudine, sgorgava finalmente
Un fiotto di speranza.

Ascoltavo il suo battito,
E del mio più non mi curavo

Polidipsia

Notte, un tempo casa per il tuo
Figlio prediletto.
È un po’ che non ti sento mia,
Tu che solevi essermi ricetto
Nella frescura che rende vita
Alle strade e alle piazze arse
Nelle ore calde della tua assenza.
Mi sentivo me stesso con te
E le anime che richiami nelle ore
Brillanti del lucore lunare.
Io per me adesso non ti porto
Il tempo di finire la sigaretta.
Non so perché rifugga
La tua bontà materna, ma spero
Trapassi questo arco di stacco.

Notte io fino a ieri ti bramavo:
Sai che appartengo all’esigua
Schiatta dei poeti sinceri.
Che sia perché ti ho bevuta
Senza modo nelle ultime lune?
Ma non è l’arido che viene
Quando due amanti per il troppo
Amarsi smettono di volersi bene.
Ad esser veritieri, non tu sola
Ho a schivo in questo tempo.
Vorrei esser solo co’ miei pensieri,
Circondato dagli strumenti del mestiere
Senza caramelle e bolle di sapone.
Non ho più la forza per diluirmi,
Di dirmi che il nodo si risolverà domani,
Che è giusto che mi sacrifichi a te,
E di ringraziarti per il furto a cui
Mi presto negli incontri clandestini.

Notte, di te mi manca tutto, meno che te
Non ti adirare con la prole onesta.
In fondo se ti parlo puoi capire
Che ho d’aiuto necessità manifesta

I manifesti per il 25 aprile

Devo insegnare ai compagni
Come si fa ad attaccare
Le proprie idee
Sulle mura
Urbane
Come noi
Abbiamo imparato
Nella nostra aurea storia
Con il manto della nostra poesia

Le mani a giumella

“Co ‘l raggio de l’april nuovo che inonda
Roseo la stanza tu sorridi ancora
Improvvisa al mio cuore…
Giosuè Carducci, Idillio Maremmano

Stavo ordinando il mio archivio
E ho trovato una nostra foto. Era
La più bella, la più rappresentativa,
Eppure non mi ha smosso nulla.
Sembra passato così tanto tempo
Da allora che i due impressionati
Mi parevano due estranei,
Come i volti stereotipati delle cornici mai usate .

La fitta me l’ha inferta risentire
Una canzone. Versi e melodia
Mi hanno portato indietro,
Quando eravamo due adolescenti
Che passavano le loro giornate
Distesi, indolenti, sui prati.
Oggi bisogna fare, proporre,
Impressionare…Sto cercando
Disperatamente qualcosa
Che mi possa ricordare quel candore,
La purezza di cui si era imbevuti.
Ma è merce così rara oggi una
Persona che cerchi unicamente
L’amore e non le sue implicazioni.

Non ho voglia di espormi come un pezzo
Di carne, cercando la miglior offerente.
Vorrei di nuovo poter dichiarare
Ciò che provo e venir ricambiato,
Senza recitazione, provando
Piacere crescente invece che disprezzo
Più approfondisco la tua conoscenza.
Vorrei cessare di sottomettermi
Alla mia biologia, e squadrare
Ogni puella nella stanza in cui mi trovo
Come un animale in cerca di preda.

Vorrei essere il centro per una persona
Invece che la periferia del mondo
So tutto quello che vorrei,
Ma non ho idea di come ottenerlo

Ho visto un uomo libero

Scritta a quattro mani con A.149

Ho visto un uomo libero
camminare timido
su cocci digrignanti
dagli estremi ben taglienti
dai sensi -i suoi- estremamente trepidanti
Saggiava con le piante quel tratturo,
Il viso atro e umido di amare stille.
Poco a poco, a lüi s’asserpa il duro
Concerto di migliaïa di spille,
Punte e strali confitti nella polpa
Dell’uomo che a libertà e cento e mille
Altre cose belle, pur senza colpa
Dice, se non addio, arrivederci.
Gode del süo sole chi lo incolpa,
Passeggia fra le ombre dei freschi elci,
Immemore di quei che ha incarcerato,
Che forgia in cella un cüore di selci,
Aspettando il giorno in cui pur orbato
Di lustri, vedrà schiudersi le porte
Che mettono al mondo un tempo a lui usato

Bile nera

“Lasciami qui, lasciami stare, lasciami così”,
Annarella, CCCP-Fedeli alla Linea

Me ne sto senza gli eccessi, in disparte,
Non faccio parte della masnada questa sera.
Disteso fumo un toscano e rivivo
Le feste e i momenti lieti passati:
Mi chiedo perché io sia qui a pensare,
E chi è con me ora solo nei ricordi
Sia altrove, con altri amici e altre persone.
Serrando le palpebre, mi pervade
Il profumo delle risate, il dolce
Sapore delle usate idïozie
Pensando che per ora l’autunno
È lontano: e il mio animo si rasserena.

Adynaton

Ti ringrazio soprattutto per le illusioni
senza le quali non avrei potuto scrivere,
non avrei potuto desiderare il meglio,
accontentandomi della mediocrità.

Ti ringrazio, ti ringrazio davvero,
perché chi vive di sogni
non invecchia mai
A.102, Grazie, vv. 13-20

Sembravi un fiore diverso da quelli
Che solitamente scorgo nel triste
Giardino in cui vado ogni giorno. Avevo
visto in te quel candore antico, quasi
Ingenuo, che mi attira come il nettare
Pregiato fa coi calabroni. Molto
Bella non lo sei, e questo mi dava
fiducia, ma non sapevo ancora cosa
Pensavi, cosa serbasse la tua
Testa; tutto avrei sperato fuorché
quel che ho trovato, e il barlume si è spento
Sotto il peso di quelle aspre montagne
Che preferisci al mare, della tua
Ambizione inane, delle tue voglie
Animali, che hanno atterrato il mio
Spirito alla fine rigenerato
Di nuovo illuso, e chissà quante volte
Ancora mi infatuerò dell’asbesto
Credendolo fonte di vita nuova