Romba il caldo in macchina,
fuori è il cielo azzurro
all’infinito, e oltre
le colline e la strada
la promessa del mare.
A.242
A guardarti ho
una sensazione antica
come la terra,
la madre terra,
su cui crescono
i fili d’erba
e gl’agrodolci,
un cielo verde
giallo di stelle.
Un ricordo d’infanzia,
dolce odore di fumo
di legno di mandarino
ridotto ad una brace.
Un male m’avrà preso gli occhi
Un male m’avrà preso gli occhi
ché nei tuoi non posso fare a meno
di vedere, nelle rughe dell’iridi,
le onde del mare e,
nei lampi veloci sulla cornea,
i suoi mille riflessi;
e se per caso o per desiderio
mi concedo di indugiare un attimo
sulle tue pupille, l’una e l’altra,
pare di saltare nell’oceano
nel suo cuore più blu e più buio
di cui non mi riesce di veder
il fondo, il segreto.
Un male m’avrà preso gli occhi,
o almeno così mi vengono a dire,
ché tutto ciò lo vedo nei tuoi occhi,
nei tuoi occhi castani,
castani come il mare.
Qualcosa si annida
nel buio, a casa mia.
E’ un odore
che sento con l’animo,
odore di angoscia,
e quasi mi soffoca
in ogni ora che passo
nella penombra
senz’aria.
Ed esco
e cerco la brezza
che mi soffi sul naso,
che mi scuota i capelli,
dolcemente
come una carezza,
una carezza
dalle dita tue
che sì, son più leggere
dell’aria e del vento.
Anche tu, Letto,
che prometti riposo,
che prometti ristoro,
menti
perché non è riposo
il sonno che dai,
che più mi cinge,
più mi sembra la Morte.
Ed esco,
e cerco la folla,
e cerco la gente,
nelle piazze della città
come mari in tempesta,
e mi tuffo
in questa corrente di vita
per ritrovarti lì,
piccola caletta di mare calmo,
ad aspettare un abbraccio
da troppo rimandato.
Vucciria (II)
In questo fiume
stretto ti cerco,
fra le onde
un solo riflesso.