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riflessioni sulla liquidità sociale

Le regole standardizzano il comportamento, lo rendono prevedibile e fanno quindi sì che le persone sappiano come procedere, e possano prevedere le conseguenze di ciò che fanno. Assenza di regole o regole confuse rendono difficile o impossibile portare a compimenti compiti e progetti e persino riuscire a seguire lo svolgimento normale della vita. Senza norme la vita è solo dubbi e paure. In questa condizione di incertezza debilitante, l’individuo inizia a cercare spasmodicamente certezze per liberarsi dal dubbio e finisce per accordare fiducia a tutto ciò che promette di assumersi la responsabilità di dargli delle certezze. Nel mondo contemporaneo, un mondo liquefatto, il processo di disgregazione delle certezze è già in stadio avanzato.

Al problema dell’organizzazione dei mezzi per raggiungere i fini, si è sostituito il problema di scegliere i fini, fra le tante possibilità esistenti e fluttuanti intorno. L’assenza di solidità, di progetti, di fini condivisi lascia gli individui prigionieri di una libertà incapacitante. Il mondo è un tale insieme di opportunità in movimento, continuamente nate e sfumate, che diventa impossibile orientarvisi e coglierle effettivamente.

Nella modernità liquida l’effimero trionfa sul duraturo, la prospettiva dell’istantaneità su quella dell’eternità. Conservare a lungo qualcosa è segno di privazione, cambiarla, aggiornarla, sostituirla, rinnovarla, è invece segno di ricchezza.

«Un osservatore cinico potrebbe dire che la libertà giunge quando non è più importante. C’è uno sgradevole aroma di impotenza nella gustosa pietanza della libertà cucinata nel calderone della individualizzazione; una impotenza avvertita come ancora più odiosa e frustrante se si pensa al potere che – si riteneva – la libertà avrebbe conferito»

ho il cuore annodato

 

uno di quegli intrecci che ero solita osservare nei grandi poster enciclopedici per marinai.

pensa che uno di loro condivide il mio stesso sangue.

aveva le unghie sporche di nero, i calli nelle giunture tra il palmo e le dita e soleva osservare il mare con fare distratto, lo sguardo perso all’orizzonte e il cuore in palpitazione.

non credo lui avesse nodi, o quantomeno, essendo un marinaio, chi meglio di lui era in grado di farli e disfarli?

chi conosce il meccanismo dei suoi errori è anche in grado di rimediarvi… ma se l’ulcera che ho nel cuore è lì per mano altrui, come può la vittima del misfatto risanarne i lembi sgualciti?

un po’ come quando, svogliata, mi alzo dal letto e cerco di rimettere a posto gli angoli delle coperte, senza davvero porvi ordine – nascondere la polvere dove questa non è visibile, ecco spiegata la mia strategia.

ode a tutti gli incerti

e agli erranti,

a chi bilancia il peso delle parole

con quello dei fatti,

a chi sguazza tra la melma

e si fa spazio tra le crepe,

sarei ancora io senza la definizione

che gli altri danno della mia persona?

l’abominio dell’esistenza

porta con se

congetture coercitive e

meste paranoie.

io non sono il mio involucro

e la definizione del mio essere

non dipende dal mio avere;

essere performanti non è slancio vitale

ma mancanza dello stesso.

voglia la mia mente accettare senza premure questi disconnessi flussi di pensiero;
non è forse quella con noi stessi la più grande delle competizioni in cui gareggiamo senza nemmeno esserci iscritti?

prenditi il tuo tempo,
corri più veloce.

porgi la tua guancia,
l’importante è vincere, non partecipare.

prima l’ho rivista,
intendo quella creatura che si sporge pacata sulla soglia della porta.
la sostanza lattiginosa e diafana questa volta gocciava freneticamente,
sembrava anche sprigionare un odore preciso, ma era come distante, oltremondano. materia lontana e tangibile, polposa e liquefatta.
binomi di opposti.
questa volta ne ho contato anche le striature dei muscoli.
prendo l’ennesima pasticca sperando che questo incubo possa terminare.

N.F.C.G.

un giorno dopo l’altro
svaniscono i desideri e le necessità
che mi mantengono in vita,
la spinta emotiva che mi sposta
è persino inferiore al coefficiente d’attrito del ghiaccio.
il tuo profumo circola viziato nei polmoni,
lo sento negli angoli della città e per le vie del lungofiume.
io tattile,
tu olfattivo;
ci farò molto più caso agli odori da adesso in poi.
vibravano le corde, vocali e della tua chitarra.
pentagrammi,
pentecoste
tra noi due.
l’indice tra le pieghe della tua camicia anni sessanta, tu distoglievi lo sguardo.
un’incudine tra cuore e la mente,
tu martello funesto che piega il metallo.
anime sensibili piangono per la sete d’amore e di vendetta.

quanto dista l’egoismo dall’amor proprio?

N.F.C.G.

con le gambe penzolanti ecco che assaporavo la non-ancora-maturata coscienza della tua futura assenza.
poi nausea e volta stomaco,
volta-cuore.

mi piacerebbe apparire agli occhi tuoi
circondata da un’aria enigmatica, leggera
e lievemente soporifera, sospesa;

come quando si legge delle creature nei racconti mitici dell’Antica Grecia
o come quando ti innamori di un ricordo.

e poi, simile ad un nodo, vorrei poggiare
nel centro del cuore tuo, un intrigo piacevole e un poco indigesto,
pedante quanto basta.

down by the river

la donna non esiste, è solo un frutto della desolazione del presente

la donna è esistita, si è salvata, è altrove, e lui, che resta nel limbo dei ricordi di lei, pensa che non possa fare altro che ucciderla per superare la desolazione che lo attanaglia, ma in realtà dopo non resta che altra desolazione, altro deserto

l’unica cosa che può fare è instaurare un dialogo immaginario in cui chiede di restargli affianco, con la sua stessa consapevolezza dell’esistenza della donna, consapevolezza che lo porta in alto poi in basso e poi sottoterra e poi nell’iperuranio

ecco perché le chiede di restare al suo fianco e non nascondersi, perché lei è già altrove, è già nascosta

mi è bastata meno di un’ora
per divorare tutte le parole non dette,
ogni morso è un chilo in più.

poi un conato percorre verticalmente lo scivolo che congiunge
il dolore
con il tentativo di estinguerlo;

la seconda volta brucia più della prima,
graffia e si dimena, al collo ha un collare
ma gli artigli sono liberi.