Alcolica attesa
soluzione chimica.
Scioglie castelli
in aria.
Disinfetta ferite
delle disattese
in domeniche
d’inverno.
Sempre vestite
di futili speranze.
Futili come le more.
D.134
Nondimeno
aggiunte al sempre
odierno lamento.
Che tace sol
a chi sente.
Lamina ghiacciata
di falsa estasi
articolata.
Non giova
rigida direzione.
Germogli di Marzo
Mi sono legato alle persone sbagliate
Mi hanno inviluppato in una stretta morsa
Raggomitolato nelle mie intime convulsioni
Ho strappato la mia apparenza dal lembo di pelle che intrappolava la mia essenza
È fuggita, ora vola e va
E quasi non ho paura che si perda.
Sospende l’eterea sostanza
levata, sua, dall’eolo soffiante:
batuffolo sperso nell’áere,
caprìola leggiadro, riflesso d’opale.
Marzo di attese, delusioni e sorprese;
tra la fine e nuovi potenziali inizi mi perdo.
Lascio che i ricordi della città mi trascinino altrove, lentamente, silenziosamente.
Mi inebria il nostalgico odore dei luoghi, delle persone che ho incontrato, delle vite che ho sfiorato.
Ed è proprio in questo vortice di incontri,
che cerco la mia essenza.
Per ora questa ricerca rimane un cammino incessante,
alle volte perfino sfiancante.
Corre veloce l’abitudine
della quiete.
Accorri, o fuoco
dei grandi momenti.
Serve poesia,
ad attimi alterni,
per non tornare
dove tutto ritorna.
E io verrò da te,
come se fosse ordinario.
E ti parlerò,
sappilo,
per metterti a tuo agio.
Ma se aspetterai,
la mia voce diventerà
più e più dolce.
Sarà poesia,
immagine sonora di
desiderio ricorrente.
Non ti stancherà,
anzi, sarà tua
gentil compagna
fino all’alba.
Quando ci accorgeremo
che la notte
nascose i colori.
Il tempo passa
come pioggia d’autunno.
Le occasioni scorrono
nel letto di un fiume in piena.
E resto qui,
seduto sull’asciutta riva,
guardando ogni singola goccia
passare davanti a me.
Forse per l’ultima volta.
Malinconia pungente,
è camminare nell’acqua gelida,
bendati e legati,
immersi in violenti sussurri.
Macchia i ricordi preziosi,
tingendoli di un grigio pesante.
Eppure basta un sorriso
per far luce sulla notte.
Eppure
Nulla riesce a darmi speranza
quanto la parola “eppure”.
Posta a metà frase,
tra il buio della realtà
e la luce della possibilità.
Daltonismo dei sentimenti,
che non rivela le intenzioni.
Difficile è il distinguo delle
sfumature che ci rendono
opere d’arte, uniche e
amabili.
Amanti veloci.
Ognuno è a noi copia di
un grigio stereotipo.
Siamo tutti nel pensiero
daltonici.
Sono tempesta silenziosa
di momenti senza fine.
Bramo siccitosi inverni,
adombrati,
mentre il tempo scorre
solo al di fuori.
Improvviso fughe
per vivere con umanità.
Ma alla fine ad una persona
si deve dare un’illusione.
Farlo recitare in un teatro
fatto di cartone bagnato.
Perché è di illusioni che viviamo.
Ci basta un sorriso per
Credere di essere amati.