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Ho fumato sigarette

una dietro l’altra

e bevuto birra scadente

in lattina, sgasata.

 

Spero che questo

suicidio a termine

serve a qualcosa

per un attimo in più.

 

Mors mea, vita tua

Fatti carne, desio,

che io possa mordere

la tua pelle.

Che tu sia profumo

che entra da questa

finestra sul mondo

t’annusi

rabbioso

irato

impotente

in questa prigione

a rodermi il cranio

pazzo

lontano da luci

da visi

che non espanda il mio male

in attesa di siero

che mi riporti a Terra;

di nuovo bestiale

in un giro

letale

ciclo

infernale.

Descrivere è delicato

come il velo di una gonna

il profumo d’albicocca;

guance rosee

chiazzate di rossore,

giovane pelle

e la mia mano

che carezza

il tuo velo di donna acerbo.

Prendo il mio tempo

per dare forma d’inchiostro

al pensiero cerebrale

e alle notti celebrate

che sia di fronte alla luna

o dopo l’orario dell’una.

Ubriaco di alcol

ebbro di immagini

gonfio di vibrazioni.

La confusione prende forma

la guardo dal lato

ne prendo un capo;

disbroglio.

Facciamo dell’arte insieme

 

Spogliamoci,

i palmi sulle pelli

e affondiamo

unghie nella carne

narici nell’odore

e scolpiamo

con gli occhi nelle menti

bocche socchiuse,

dentro ai respiri nostri.

 

È attimo di vita.

Mi rifletto e penso

elucubrando ragionamenti

rimuginando teorie

concetti

E l’immagine fantastica

crea credenze

architettate sull’astratto

dello scervello mio.

 

La paranoia.

“Preferisci il rimorso o il rimpianto?”

Il rimpianto è certo.

Il rimorso è probabile.

Palliativo.

Che noia.

E comunque

è da quando non ci vediamo

che piove.

Non è detto che sia sensato

adesso.

È probabile che il non-senso

abbia senso

domani.

Ci sono posti che non hanno muri;

non ti ci puoi sedere;

non li puoi calpestare.

Non hanno acqua corrente

non sono cablati

nemmeno riscaldati.

 

Il più bel posto del mondo.