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C’è qualcuno? Sono tornato!

Non permettermi chiave

Di aprire la mia porta

Non permettermi maniglia

Di stringerti e abbassarti

Ribellati zerbino all’ennesimo

Scalpiccio pesante dei miei stivali

Poiché avrà ceduto il pesante portone

Del palazzo e avrò già divorato

Ad uno ad uno gli sporchi scalini

Opponetevi per me ad un ingresso

Senza pace, senza grazia, senza gioia.

06/12/1936

Alma Lucia, splenda su di me

la luce tua bella, sempiterna, dea

coronata di luce, illuminasti il mio

primo sorriso, in un mattino terso

che brillava di neve e rugiada,

cullasti le mie prime notti innocenti

solcando il cielo con le tue dita di cristallo

suonando con zefiri leggeri le fronde

degli altissimi pioppi, gettasti benevola

la luce del tuo amore sui giorni incerti

del mio avvenire, e salutando muta

sorridendo mite, con un soffio andasti via

dolce, ridente, regina del cielo,

Santa Lucia

 

FUORITEMA

Un’orgia di menti questa sera

Oltre il tracciato della logica,

Al di fuori della certezza dell’oggetto

Conduce il mio spirito

eretico, erotico, erratico.

 

Servizio in camera, ordino della musica

Elettronica.

Nella clinica del piacere, su triclinî maledetti

Un Moscow Mule, ore 19.15

Numeri primi, trattazioni mistiche, ipotesi eroiche.

 

Siamo pronti per andare fuori tema.

NAUSEA 1979

Ho vomitato all’infinito ieri sera

E per tutto il giorno ho avuto la nausea.

Gli anni ’70 finiranno questo mese,

In un bruciante capodanno estivo,

Ricolmo di miasmi industriali

(mi danno la nausea).

5-7-11-3-2-2 cadenza:

Questa danza tzigana obbliga sopra un violino

l/e dit/a a se/guire il ri/tmo del m/al di maaare:

La nausea è disequilibrio dello stomaco:

Il disequilibrio occidentale di una decade

Che ha l’ardire di terminare con un maledetto

NUMERO PRIMO. (1979 – 1979)

Nausea, sentimento di casa per chi non trova

Casa.

ALEKOS

Un sigaro e una tazza di caffè ardono la mia gola tremante,

La bocca dello stomaco, invece, la divora la Rivoluzione.

Tutto è pronto, tutto è fatto, il marchingegno costruito,

La vettura sferraglia davanti al mio aranceto nella casa di Glyfada,

Procede più cautamente di quanto volerà per i crepacci di Creta,

Quando sarò già morto.

Ecco allora che la mia morte avviene, non indosso altro che un costume da bagno.

È un millesimo di un centesimo di secondo a decretare il mio eterno fallimento, muoio.

ZÌ ZÌ ZÌ!

La folla puttana vomita sul mio cadavere la tremenda menzogna, la mia sposa procede lenta.

ZÌ ZÌ ZÌ!

Bastardi, bastardi, sono stanco. Ora lasciatemi dormire.

Alekos muore per la libertà, la fronte alta come un Dio.

 

 

LIBERA ME APRHODITE

DE MORTE ÆTERNA

Siamo i figli di un’epoca che muore.

Le epoche che muoiono celebrano la bellezza.

La bellezza che muore è privata:

La poesia privata celebra la bellezza privata.

Un canto flebile ad un piano suonato in sordina.

Una chitarra sfiorata dal vento

Davanti alle braci di un falò appena spento.

Un ballo lento in punta di piedi,

Aspettando che cada in Afghanistan

Anche quest’ultimo Impero.

Anche quest’ultimo sogno.

Alle darsene

Mi incontrerai alle darsene,

Avrò un giubbotto nero.

La sigaretta in bocca, lo sguardo

Stagnante nell’acqua torbida.

 

In piedi nella nebbia,

guarderò lontano, se il mare

Sembra quasi un lago, ti bacerò

Le labbra salmastre.

 

Mi troverai alle darsene,

Galleggiando a faccia in giù.

Avrò annaspato fino ad un momento

 

Fine come la lama di un rasoio

Prima del tuo arrivo.

Prima di morire.

 

Sono stanco di essere me.

Sono stanco dei miei vestiti, della mia voce

Dei miei capelli e delle mie scarpe.

Sono stanco della mia figura, vorrei

Che si muovesse in maniera diversa.

Sono stanco dei miei oggetti, sono stanco

Dei miei passi lenti

Sono stanco di questo fiume e di questi monti.

 

Allora pregherò la Luna, per svegliarmi

In un nuovo porto.

Pregherò il mare per una nuova mappa,

Pregherò la terra perché arrivi un’altra carovana.

 

Di colui che chiamavo Io, poco mi importa.

Faccia quel che gli pare.

(non ne è mai stato capace)

idillii riminesi

I

la fille aux cheveux de lin

Il filtro bianco della sigaretta bianca stretta contro i denti bianchi dalle labbra bianche.

I capelli sono neri.

Nell’ossimoro cromatico, mi offri una coerente metonimia. Il tuo cuore è rosso di sangue, come il maglioncino che lo contiene.

II

il ponte di Tiberio

Sono cinque oblò bianchi sul petrolio stagnante, di notte.

Quanti passi ti hanno calcato, quanti di lenti, quanti di fretta, quanti per vita, per morte, quanti per una sigaretta.

Sei stanco?

III

foschia

«È foschia, non è nebbia.»

«D’accordo.» – ho detto.

Sbagliavo il nome, ma tu sbagli il luogo. Non offuscare il panorama, non impedire la mia vista fisica. Piuttosto, cala sugli occhi della mia mente.

Perché non c’è bellezza da guardare, lo vedo con spietata nitidezza.