Skip to main content

Stringerti
scorticarti
cento volte…ancora.
Sì. Il fiato a tempo.
Semiminime e crome in materassi sconnessi.
Con le corde del pentagramma
ti ci lego i polsi.

Per legittima difesa
un omicidio passa in sordina.
Ti giustifichi così
per dirmi che sei andata via.

C’è un profumo piacevole
misto tra dolore e odore di cucine
se cammino verso casa, ad una certa della sera.

Mi spinge a tornare.
Assaporare le strade.
Coinvolgendo un senso che mi ricordo malamente di avere
che per vicinanza e solita svogliatezza
confondo quasi con il gusto.

Il piacere di fare ritorno
è sentire le cose dentro di me,
accorgermi di possedere una città
facendola passare nella carne.

Ore a spiegarti che in questi anni
hai visto di me solo il riflesso:
speculazione della tua mente
nei confronti del mio corpo.
Presuntuoso per gli esseri umani
dire di vedersi. Dico.
In verità non sono mai esistito,
se non nei tuoi occhi.

L’epoca del proibizionismo delle carte
…resistenza letteraria.
Soldati senza divisa, con penne e lance
e scudi e libri.
Di nascosto il coltello tenderemo
anziché la mano, per tagliare in due…tre…a più non posso
le vecchie idee.
Saremo autobombe su un destino a tempo.

Cartonlegno

Passare ancora ore
a spiegarti l’universo,
le trasformazioni endogene tra cuori che si scontrano,
che non vanno più via.
E non sapere più che dire
sulle costellazioni che assomigliano a volti,
mentre calcolo la distanza da casa mia a casa tua con le stelle.
Ho costruito un astrolabio di carta, ma piove sempre
e non riesco mai a raggiungerti.

Dura lex, …sad lex

Cento volte ti ho vista.
Tra vestiti corti e voli di fantasia tendenti al rosso.
Tra il non trattenere le lacrime
e il non poterti mai rapire.

Cento volte sei morta e vissuta,
in tempi brevi e versi veloci.
Da 10 secondi, poche sillabe.

Gli edifici più belli,
le onde più grosse,
tutte cose destinate a cadere,
per essere ricordate nei giochi dell’inconscio:
un mausoleo per persone ancora vive,
nelle notti più nere.

Maremma amara

Tasti dolci
Bocca amara.
Maremma maledetta,
In cuor mio sento che sono tuo,
quando quasi a casa vedo i tuoi seni.
Grazie della terra, vista dai vetri
ma mai presa nelle mani.
Ti prometto che tornerò a morire
tra le tue braccia.

Sabbia nelle scarpe

Labbra spaccate
che si consumano su di noi alle porte dei palazzi.
Alle nove di sera
alle sei del giorno,
in quella che potrebbe essere la periferia
di ogni città.

A dirlo bene,
ad essere chiari,
avevamo generato una stirpe di gioia,
piccola come sabbia che non va più via
nascosta nelle scarpe.

Appiattita banalità di cui mi accusi con taciturno pensare.
Non è la morte più vicina
quando con te credo di aver vissuto?

Allora alludi con la faccia pensosa che ti porti in grembo,
di provare forse pena
per un cane come me:
amante delle tue mani
tra quelle di altri padroni.

So io a cosa pensi!
Ingannevole vestale!
Con i sofismi con cui baratti parole vere,
so di certo che già mi porti nella tua memoria.
Quella di chi una volta ha amato qualcuno
a tal punto da lasciarlo morire via.

Sette e tre quarti.

Sul pullman tre futuri morti
due omicidi e sei disgrazie,
Mi piacerebbe leggere davvero
nel futuro della gente.