E.113
Hai il sapore della sabbia umida in un’alba estiva
Mi perdo nei rivoli asciutti delle tue parole sorde
Soleggiata illusione
Sostare in pensieri sconnessi
dolcemente abbandonare i remi
tuffarsi in fuochi fatui
dell’umano dolore
Storia di un gamberetto che si guarda sempre allo specchio e di un’allodola che non riconosce il vetro.
Forse un giorno
ti girerai verso l’orizzonte
e vedrai il mio viso
sbattere contro la finestra.
Alla deriva
Soli e nudi avanziamo in una piscina di sterco.
Mi affondano i piedi nella merda.
Mi guardi e mi gridi di far attenzione alla cacca del cane che sto per pestare.
Ti prego, non tirare lo sciacquone!
Mi abbracci forte
il tuo corpo è talmente caldo
che mi sciolgo come ghiaccio al sole.
Gocciolo sul pavimento,
ti ho lasciato tutto bagnato.
Sbuffi
ti spogli e butti i vestiti nella lavatrice
ti asciughi frettolosamente con uno straccio
lo stesso che usi per assorbire la mia pozza d’acqua.
Non posso più tornare ghiaccio.
Sono solo umidità e tra poco scomparirò
ma riesco ancora a toccare la tua pelle
quando appanni il vetro della doccia
e ci disegni sopra una faccina triste.
Favola
C’era una volta una bambina dai capelli biondi. Guardava il cielo con stupore, chiedendosi come potesse unirsi a quei giochi di luce. Si sentiva molto vicina alla luna, quella luna così sola in un cielo così buio, che sapeva splendere solo alla luce di qualcun altro. Ma quando l’altro sorgeva, la nascondeva. Scompariva finché non calava di nuovo di notte, e nel nulla cosmico poteva splendere ancora. Decisa a raggiungere la luna, la bambina si arrampicò su una nuvola. La nuvola era così leggera che i suoi pensieri si misero a fluttuare intorno a lei, per poi cadere giù, giù, in forma di gocce d’acqua. Anche il corpo si squagliò nella condensa soffice. E poi, puff, un filo di vento la spinse via, via, fino a farla dissolvere. Ora della bambina non rimaneva più nulla, se non il ricordo delle gocce di pioggia sull’asfalto.
È un tempo vuoto
abbandona la carcassa del tuo corpo
ricongiungiti con l’universo
La tua coscienza è un gabbiano
vola via, tra nuvole di silenzio
Essere che non esiste
Vita che non è esistenza
Sei elemento
Avvinghiati al tempo,
origine del mondo,
custodisci una prova di esso dentro te
Sei tutto e non sei niente
Ha importanza il sentimento?
La ricerca della felicità
placida illusione necessaria
Silente, muovi in un percorso già scritto
Estraneo, non avverti
I sensi si accavallano, è unione e separazione
Il tempo parla, guida
Trasportati nella sua culla
Non esisti
Ora spogliami e ama
questo vulnerabile guscio vuoto di foglie morte
Lo osservi
Si allontana
come un fantasma senza toccare terra
Lo raggiungi e ti incanta
Un’opera senza autore
Un livido corpo senza espressione
Te ne impossessi
Lo consumi
ma non sarà mai tuo
Come una nuvola di fumo
Come un sole che tramonta
È in grado di toglierti il respiro
per poi svanire in un secondo
Ed ora spogliati
e osserva ciò che rimane
della passione
pura e indomabile passione
per una creatura irreale
Logora la sconfitta di un sentimento perso