Tu es la lune
qui marque le pas sur la terre;
solitario, marches sans ma aucune.
E sei un viaggiatore qui in mezzo alla tua
croce con un senatore o una duna,
inteso come un raggio di sole.
Moi, pèlerin, j’ai eu l’honneur
d’échanger to to the historires,
de pouvoir, même pour peu
te parler, que tu n’appartiens pas à ces lieux;
dai colori delle voyelles
e dai tuoi profumi di fiori di soia
più duri d’indolenza.
Suis-je fou, si je vois les fées danser
quand elles nous voient parler?
Si les caprices des fumées of brasiers
suivent les paroles
et les feux follets,
È indiquente un chemin
qui se perd nel forêt
de ton ciel.
Il resto encore de il poussière d’étoiles sur mes lèvres.
Tu vas encore te pencher pour the caregiver with a
baiser
dont the souvenir même les larmes
ne peuvent laver?
E.63
Eufemia
Là a ottanta miglia, ti porta il Maestro
il sale trattiene ogni storia ogni gesto,
alla cala attraccati, troverai chi viene
da sette paesi per scambiare ogni bene
Con le casse già gonfie di agrumi e pistacchi
tra bazar dondolandi di prezzi vigliacchi
un ubriaco ti parla di scabbia e di amanti
di una sorella fedele, di tesori allettanti.
Scandisci il tuo sonno tra la pipa e il ricordo
che non farà mai unire chi sarà sordo
E dietro alla barca una storia che vola
troverai ad Eufemia con una sola parola.
Sotto i fuochi fumanti dagli zingari del porto
la memoria si fonde ad ogni equinozio
con le storie che ruba dal bazar dei racconti
a chi grida battaglia, a chi solca orizzonti
Ed ad ogni solstizio ritrai nella mente
una nuova sorella, un nuovo amante
E quando restando sveglio al dondolio del cammello
diventi un mercante del ricordo più bello
Od un vecchio ladrone di storie e poesia
che su fermano spesso qui ad Eufemia.
Simulacri
Sbatto gli occhi
su una realtà distante.
Rimango tra le fronde,
coricato sul mare di foglie
che mi circonda.
Immobile cado nel sonno
tra il chiacchiericcio degli uccelli
ed il profumo di zagara.
In un albero, tra le radici
custodisco i valori
perchè crescano protetti.
Ora dalle radici di tecnica
si ereggono simulacri distanti
di perdute conoscenze.
Non la varietà di colori
riempie i miei occhi,
ma un ridondante grigio.
Avari simulacri che camminano
si lanciano sul pulpito virtuale
predicando falsi valori.
Ora le radici sono morte.
La grigia follia domina.
“Mi preparo per la notte”
“Mi preparo per la notte”;
qualche volta mi fermo
a pensare a questa frase,
a quanto sia curiosa come cosa
fermarsi ad immaginare la notte
come dama che ti carezza le tempie
stanche e gravose di pensieri,
e a come ti debba preparare
per l’incontro,
per danzare con lei ed infine baciare
le sue labbra sonnifere,
cadere fra le sue braccia
e giovare del suo tocco,
animando i sogni
di uno spirito bambino,
e liberando i pensieri
di un acciaccato uomo.
Primavera
Da ragazzo correvo
tra le mie fantasie,
nel mio via vai passavo
tra incanti e frenesie.
Nella mia mente germogliava
un’impazzita primavera,
boccioli di sogni urlavano
per nascere prima di sera
Quant’eran preoccupati
i miei educatori
nel vedere che i miei prati
non si trovan là fuori
E questi professori
che cercan di curarmi
falciano i miei fiori
alla normalità voglion portarmi
Ed ora anche d’adulto
in questo manicomio
mi chiamano ancor “matto”
mentre scalo il mio calvario
Ma non cedo alla realtà
voglio ancora fiorire
questo “esatto” più non mi avra
e nessuno starò più a sentire.
Profumo di autunno
Camminavo per la strada, una volta, sul corso principale; era come ogni sera, coperto dal cicaleccio della gente che passava irrequieta. Io ero tranquillo, o almeno, mi sentivo tale, non ero preso da nessuno sgomento. La via era coronata da negozi che prendevano per la gola i passanti, facendo comprare piaceri temporanei. C’era un vento fresco, l’aria lo era: portava odore di autunno. Tra i colori ed i sapori, vidi una grande pianta di gelsomino, quello della prima crescita; pendeva da un balcone fiorito, e spiccava fra ciclamini e narcisi. Mi rapì la sua vista, ma, ancora di più quando mi avvicinai, il suo profumo. Era inebriante, mi riempiva di… inquietudine. Continuai ad avvicinarmi, questa volta con foga, e più mi avvicinavo, più diventavo ebbro. Sapevo che non sarei riuscito a portarlo con me, di non poterlo catturare, così, decisi di privare la natura di qualche fiore: il profumo si era aggrappato ai miei sensi come io non avrei potuto fare con lui. Avevo con me una scatola, li riposi lì. Quella pianta che l’autunno portava, a sua volta donava i suoi figli allla stagione che trasportava il suo odore per le strade. In quella stessa sera avrei dovuto incontrare la mia compagna e decisi di far aggrappare anche lei a quel profumo, di farla diventare parte della stagione, insieme con me. La sera, lei era senza veli di fronte a me, distesa sul letto; mi chiese cosa facessi in piedi, fermo, su me stesso, io non risposi. Tirai fuori la scatola e la aprii: i fiori non avevano smesso di spandere il loro profumo. Li presi e li posai su di lei, le accarezzavano il corpo come fossero velluto, e la sua pelle leggermente scura faceva da contrasto con il bianco candido dei fiori. Inspirai profondamente. Quella notte, diventammo profumo di autunno.
Il peccatore
Rubo il tempo a chi ne ha poco
per impazzire nel mio peccato
trovo conforto nel mio gioco
anche se mi sento il giocato
Ed ora ho licenziato il mio Dio
per qualche ora, o poco più
per uno spirito che vedo di mio
per qualche gioia un po’ più in giù
In questo palcoscenico divino
scaturisco gioia e riso
ormai mi sento un burattino
per scelta o per sorte,ma mi sta inviso
Che chiudano il sipario e gettino le maschere
sparisco tra le quinte senza alcun rimorso
e per coloro che desiderano le mie memorie
saranno esauditi senza nessuno sforzo
E voi malelingue, che sempre avete parlato
Ormai tacete per il mio racconto
Che mi diano l’alloro per quel che ho narrato
sarebbe la giusta somma per saldare il conto.