Camminare sotto un cielo di pianeti
alzare gli occhi e vederli ruotare in dimensioni sconosciute
perdersi nei propri pensieri, tornando verso casa
Che poi sempre questo tornare a casa
senza sapere neppure da dove si viene
Ecco, vorrei capire come perdermi definitivamente
e non perdermi per ritrovarmi come si dice
perdermi per perdermi
per capire cosa si prova a non capire cosa si è
e non che non lo provi mai
ma vorrei avere la certezza di essere io
quel bambino sperduto nel mezzo dell’oceano
quel delfino che nuota in un mare imbrattato di sangue
quell’ isola che nasce da un vulcano e non se ne vuole più andare
Che poi perché vivere se non puoi esplodere
senza lasciare il segno in ogni posto che passi
che senso ha tutto quel fumo
se l’arrosto alla fine è solo del gran tofu marinato anche male
Vivere usurati da un’onda che ci lambisce i piedi
per poi ritrovarsi con l’acqua al collo a piangere
finché un giorno non affogheremo nelle stesse nostre lacrime
e di tutta quella potenza
quell’energia atavica e selvaggia distribuita in un istante
non sarà più un bel niente
un misero grammo di sabbia
a ricordo dei tempi che furono
un fondale inesplorato
immagine di un antico splendore ormai morto e sepolto
Che poi tutto questo passato remoto
parliamo del presente, diamine
parliamo di noi che scriviamo versi pieni su strumenti vuoti
e solo di rado svuotiamo penne per sentirci pieni
che ci sentiamo a metà
finché una gentile sirena non ci tende la mano
per un solo istante
riprendendosi tutto quello che pensavamo fosse nostro
che guardiamo ogni giorno
i nostri forzieri svuotati
blindati ormai soltanto dall’acqua sovrastante
E nell’azzurro marino della malinconia
mi specchio ogni mattina
guardandomi negli occhi
grigi e torbidi come il cielo dentro di me
o come un mare pieno di cenere
ricordo perenne
del fuoco che ancora poteva essere
G.121
Sonetto per un bacio (“Un mazzo di fiori” #8, Rosa canina)
Il Poeta scriveva della rosa
fissandone il profumo in versi eterni,
così vorrei io dir della tua bocca
perché fiorisca per tutti gli inverni
Pensando ingenuamente di esser forte
come un bimbo giocai con le sue spine,
distrattamente la colsi una notte,
bella mi ferì, ferendo le mie rime
Era un fiore selvaggio ed indomito
sconosciuto a noi violenti del mondo
Fui ebbro dei suoi fragili segreti
che come petali nel mio spirito
caddero in un abisso senza fondo
tagliandomi dentro, lievi e indiscreti
Life goes easy (“Un mazzo di fiori” #7, Euphorbia pulcherrima)
It’s funny to think
how blissful I can be
with just the memory of your skin
to let me fall asleep
Please don’t forget what we’ve got
when I’ll be lost into the storm
Ode a Paperoga
Rimembro del papero
beffardo il purpureo
frigio e il cuor libero e
gagliardo. Come stelle al plenilunio,
nascoste ma sincere,
lui fuggiva il bagliore
delle luci non vere;
forte l’ardore del gran sognatore,
quanto grande il rifiuto
per la brama e la fama,
bianco il manto pennuto
come l’animo di fresca rugiada.
Tra le penne arruffate
allora già cercavo
il genio da imitare,
la brama del disfare. Da codardo,
mi sono presto arreso,
smettendo di sognare,
nella lotta con il vero.
Piccolo, scelsi la meschina pace,
e tutt’ora la scelgo
reprimendo ogni giorno,
vigliacco menestrello,
le rime di quest’animo malconcio.
Chiedo alla vita di viverla irrisolto,
alle stelle di brillare sul mio corpo,
al cuore di fissarmi bene in testa
che non avere un senso
è il senso che mi resta
Violenze d’autunno (“Un mazzo di fiori” #6, Hydrangea macrophylla)
Hai presente quando hai il raffreddore,
ma l’odore della pioggia ti entra comunque nelle narici?
Ecco, è possibile che tu mi abbia
stuprato
con un solo, semplice bacio?
Alice in Padanialand
Cos’è tutto questo silenzio?
La città tutta tace
la coltre di nebbia
ovattata nelle ossa
Anche il Bianconiglio si è fermato
davanti a un’osteria buia
per sedersi a bere un bicchiere con noi
per sporcarsi un po’ col rosso del vino
per salutare nella teglia, arrosto, suo cugino
La pioggia si annida sugli alberi del viale
che come immensi funghi
rilasciano le loro spore
incantando il mio passare
confondondendo il mio avanzare
Mi risveglio e sono ancora qui
imprigionato nella piatta pianura
come se non potessi essere altrove
sono io stesso terra confusa
di sogni cristallizzati e di speranze infrante
Non siamo poi così brutti in fondo
è l’umidità che ci frega, signora mia
Sestine amare di uno spirito ambiguo
Siete tutte fantasmi nella mia testa
mi avete lasciato incapace di amare
Incipit banale (“Un mazzo di fiori” #0)
Mi sono banalmente infatuato di te;
ho deciso di scrivere ogni giorno
per il Fiore più bello che c’è
Mi odio (“Un mazzo di fiori” #5, Aeschynanthus pulcher)
Vorrei cercare di svegliare
in qualche modo
un cuore assopito da(l) tempo
Sento grazie a te una scarica
ma non voglio rubare altra felicità
a chi ne ha fin troppa
Vorrei essere un artista
darti almeno la metà di quello
che sogno che penso
che vorrei per me stesso
Non voglio che scappare
andare via di qua
in Spagna sulla Luna
o magari in Canadà
Mentre la notte scendeva stellata stellata (“Un mazzo di fiori” #4, Ipomoea alba)
Tornammo a casa ciondolando
come due gatti ubriachi
per aver sognato troppo
ci siamo specchiati
in una luna enorme
tagliata a metà
piangeva lacrime d’amore