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CALMA

Quando sono con te

Gli spettri scompaiono

Assieme al mio bagaglio

Di mostri e falsari

La mia fantasia

Depone i calzari

Gli occhi delle gitane

Si chiudono nel loro ventaglio

Di lustrini e malia

Tutto torna reale

Perché è solo la tua pace

A rendere ogni cellula speciale

Nella stretta del tuo abbraccio

Tutti i colori

Non sono più metafore

Di pericoli imminenti

Di battaglie roventi

Di palazzi di Creta

Sono solo righe di lana

Ben accostate

Nella tana del tuo maglione

Vorrei che fossero i tuoi baci

La mia unica, sola

Quieta religione

FIORI DI CAMPO

Potrei fermarmi qui

Un papavero all’orecchio

Un crisantemo all’occhiello

Simbolo impenitente

Di ciò che sta nel mezzo

Fra nascita e morte

Potrei sedermi sul selciato

Aroma di gomme e granoturco

Di autunno raccolto e bruciato

Di ombre infantili alla sera

Porterei un’idea di ferro da stiro

Di quelli di ghisa che funzionano a brace

Per finalmente spianare le pieghe

Dei drappeggi e delle tele

In cui ho nascosto, a braccio

I miei messaggi

(Somigliavano a boccioli di fiore

Di ignoto, incerto

O prematuro colore)

Se solo tu arrivassi

Se con occhi e parole

Mi raggiungessi

Potrei finalmente spiegare la sindone

Prima di nascondermici

E fare di quest’aia

La mia epigrafe

 

Per fortuna

Almeno qui

Ci saranno sempre fiori

HOLLYWOOD

Tutte queste parole

Tutte queste metafore

E figure retoriche

Le esse le erre e le ti

Tutti questi sinonimi

Tutti questi ossimori

E pronomi anonimi

Litoti ed anacoluti

Li ho appiccicati con la malta

E con la lenta ricetta

Della pazienza

Si leggono bene

Solo dalla giusta distanza

(Magari potesse essere

Questa zingaresca resistenza

Penitenza e poi redenzione

Per tutta la mia cattiveria)

E io nel frattempo

Me ne sto nascosta qua

Dietro la coda di una elle

Mescolo ideali e miseria

Accendo i faretti quando è sera

Aspettando un tuo dirigibile

Che squarci l’atmosfera

LABIRINTO

Mi muovo con circospezione

Nel dedalo della mia testa

Anima circoscritta

Fra spigoli di rancore

Muri di timidezza

Siepi di rovi e di more

Ho studiato un percorso ben preciso

Sempre lo stesso

Dormo la notte

Vicino a manopole del gas

Controllo chiavi,

Portiere ed accessi

In questa sicura barricata

Di piccoli gesti ordinari

E ripetuti, lontano dagli eccessi

Ho trovato ormai

La mia area di stabilità

Basta non alzare la testa

Non cambiare lo schema

Perché di là

C’è sempre un Minotauro

Coi tuoi occhi da Gorgone

Basterebbe un solo sguardo

Per diventare statua

E poi essere incornata

In mille pezzi frantumata

Appena un passo al di fuori

Della mia ossessione

GERMI

(Quotidie morior)

 

Casomai ti dimenticassi

Che la morte è al tuo fianco

Ad ogni semaforo

Ad ogni coltello

Nel flacone di acido muriatico

Che la vecchia signora

Ti culla dolcemente

Notte dopo notte

Col suo sorriso permanente

O casomai avessi un momento

Di folle sfida

Contro questa logica

Logorante e omicida

Siamo qui noi a ricordartelo

Facciamo le sue veci

Mentre lei chiude sacchi agli incroci

Casomai si distraesse

E ti lasciasse vivo

Per errore

Siamo già pronti noi

Spettri tascabili

Correremo a saziarci

Dei tuoi occhi e del tuo calore

SOCIAL

Ho osservato il mare di stelle

Qui dal mio oblò telematico

Dalla sala di controllo

Del mio transatlantico

Passo le mie giornate

In un perpetuo Natale

Di pulsanti colorati

Quanto inutili

Spiando migliaia di altri oblò

Boe solitarie

Fra la notte e l’oblio

Aspetto che la tua sirena

Emani il suo raggio verde

E che tu esponga il vischio

E poi aspetterò ancora

Fino all’alba, il levarsi

Del rosso sole della notifica

ORFEO, ATTO III

Finalmente, finalmente eri mio

Stavamo conversando

Su un canapè borgogna

Avevo addobbato la stanza

Come una tela del Rossetti

Frange, velluti, organza,

Chiome lunghe, ottoni

Paramenti gigioni

La tua lira parcheggiata in salotto

Leopardi al pascolo in terrazza

(Per far colpo anche su mamma

Quando sarebbe giunto il momento)

Stavo per strapparti una carezza

Con la scusa di offrirti un confetto

Ma ecco che fuori, nella piazza

– Un bagliore di lampo

Una sovrannaturale brezza-

E’ passata una stangona in bianco

Linea sinuosa, gamba capricciosa

Capelli d’oro e sombrero di lino

Una Carrà in gonna a palloncino

Ma senza volto, un opale vuoto

Dove hai inevitabilmente riconosciuto

I tratti della tua Euridice

E sotto l’incantesimo

Hai lasciato il tè a raffreddare

E te ne sei andato

Mentre io sono rimasta qua

Con le unghie

A graffiare dei quadri la vernice

Per il prossimo incontro, giuro

A malincuore

Questa stanza diverrà garçonnière di produttore

E vabbè, mi tingerò bionda anch’io

Dalla radice

VETTORI

Riuscirò mai

A condensare tutto il mio amore

E veicolarlo tutto

Nella giusta direzione

Come quei coni gelato a stantuffo

Vaporosi sopra

Ineluttabili nel biscotto

Con il vertice puntato al tuo cuore

E se invece

Non ci fosse più crema

E finissimo io e te

A rotolare nel cono, di sotto

Come confetti impazziti

Finché uno dei due

Non s’incagli nel fondo

Subito sovrastato

Dall’altro, alla gravità

Anche lui

Condannato?

HOMO SAPIENS SAPIENS

Li senti questi tonfi?

Sono uomini

Che dopo aver sprecato metafore

E sbandierato automobili

Cancelli ingrifati

Tosaerba incazzati

Muscoli lucidati

Mocassini scamosciati

(Ma calzini, quelli, non lavati)

Mortaretti esagerati

Complimenti navigati

Hanno finito i sinonimi

Esaurito i simboli

Per determinare

Quali fra loro siano i più fortunati

Sono tutti là alla pesa pubblica

Come montoni spazientiti

Spingono di gomiti e di pancia

Schiaffano ad uno ad uno

Su una vetusta, rassegnata bilancia

(Un avanzo scassato di tribunale)

Lo loro imprescindibile,

Virilissima,

Primordiale lancia

6,1-7,3

E se arrivasse

L’Apocalisse

Mentre noi facciamo la spesa

Alla Lunga Esse

E improvvisamente

Fuori ci fosse

Un’alba atomica

Uno scoperchiarsi di fosse

Una ribellione di flussi

Uno xilofono di ossa

Una pioggia di sassi

Locuste, cobra reali e satanassi

Più nessuna profilassi

Per arginare l’epilessia

Di questa nostra umanità arpia

Cosa faremmo noi

Sparuta e improvvisata

Arca privilegiata

Staremmo ancora a conteggiare

Il glutine del pane

Il ferro della carne

I solfiti del vino

Quando non ci sarà più

Nessun destino?