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MINUETTO

Lungo un sentiero polveroso

In un tiepido nebbioso mattino

Ho sentito la rugiada prendere vita

Aggrappandosi alla mia gonna scura

E’ risalita sul mio collo

Scivolata nella gola

Per liquefarmi il cuore in una pozza

Di tempera color delle more

Ho pitturato con le dita il mio viso

Mentre dai vitigni spuntavano

Fantasmi gentili e noncuranti

E api ronzavano distanti

Stendendo tovaglie gialle di paradiso

Abbiamo fatto riverenze in sol minore

Abbiamo sciolto le chiome come gelsi

Lasciato ondeggiare le lenzuola

E intorno a noi farfalle pallide

Volteggiavano leggere

Come una morte civettuola

INGANNO

Mi hai regalato

Un bouquet di peonie sintetiche

Gialle come il mattino

Mi hai vezzeggiato

Con serrate carezze asfittiche

Rassicuranti come semolino

Mi hai attirato

Con puntuali occhiate cliniche

Sconcertanti come il destino

Mi hai baciato

Con voraci labbra anemiche

Soffici come budino

Mi hai ingannato

Con promesse vuote e bulimiche

Sillogismi da un indovino

Mi hai scaricato

Con frasi brevi ed ermetiche

Nell’attesa di un altro postino

AMO (Della pericolosità dei desideri)

Mi sono chinata sul pontile

Accarezzando il pelo del lago

Come fosse un docile animale

 

Riscosso da un sonno senile

Ho percepito il drizzarsi di un ago

Una saetta elettrica e abissale

 

L’acqua come scossa dalle pile

Ha crepitato attorno alla mia imago

Ninfe voltaiche al mio capezzale

 

I miei sensi attratti dalle luride

Lusinghe di un viscoso mago

Dalla culla di un desiderio iniziale

 

Vengo sospinta nelle acque putride

Intrappolata dal mio tormento vago

Verso la mia torpedine originale

 

Mi schianterò gioendo nelle tumide

Spire del mio superbo drago

Nel buio di un destino primordiale

NON IDONEA

Quell’interminabile silenzio

Prima del vostro giudizio, mentre

Arrivavano nembi all’orizzonte

E belve preparavano l’agguato

Una scure oscillava nella brezza

Il sole lucidava il lastricato

Prima del vostro verdetto

Del ghigno da giullare inamidato

 

Dopo

Nelle mie vene solo veleno

Il mio fegato un terrapieno

Di mota rilucente di bile

 

Come foglie che bruciano

Come gocce assorbite

Chissà se un atomo di me

Sfuggirà all’ineluttabilità

Della chimica e della vita

Chissà se un mio dente

Verrà scambiato per perla

Da un astronauta selenita

 

Natura che dona

Destino che non condona

 

Stavo pensando

Che il quarto piano

Sia un buon posto

Per imparare a volare

Come lapillo di vulcano

Calmerò la mia rabbia

Tuffandomi nella mia nemesi

Diventerò una tessera

Nel mosaico dell’oceano

E le vostre critiche

Galleggeranno in superficie

Ed io sarò lontano, lontano

STAGNO

Ti sei chinato

Come un Narciso annoiato

Sulla sponda di questa pozza

Ti sei subito scostato, schifato

Il tuo riflesso mangiucchiato

Da ninfee e mucillagini

Da acqua marcia e sozza

Eppure ci sono cose

Che tu nemmeno immagini

Al di qua dello specchio

C’è vita piccolissima ed immensa

Refrattaria alle indagini

Ci sono notti e colori

Praterie e voragini

Solo tutto riluce un po’ più lento

Tutto ha riflessi di stagnola

E se tu non fossi così bieco

Nel pozzo di una gola

Potrei esserci anch’io, Eco

MEDUSE

Ho indossato con cautela

Il mio scafandro di piombo

Per essere albero e vela

Perpendicolare e parallela

Alla ruota del mondo

Ho racchiuso la debolezza

In un’arrugginita baraonda

Carapace macilento e

Goffo ma silente, grazie

Alla dolce, minacciosa

Ninnananna dell’onda

Viandante dell’abisso

Passo dopo passo

Ti verrò a cercare

Là dove sonnecchia

Uno squamato satanasso

Montando la guardia

Alla tua radura

Dove gli astri sono gelidi

E si sollazzano le Esperidi

Là dove la luce giunge scura

Mi accompagnano fantasmi

Palombari pendolari

E forchette da naufragio

Schivando le meduse

Di falsità e correttezza

Di galateo e convenienza

Plagiandole con banali scuse

Ritardi, impegni e smancerie

Camminiamo adagio adagio

Inseguendo ognuno

Un mostro di rappresentanza

O andando ad ingrassarne

Le spettrali retrovie

COLPA

– Signor Appuntato, mi costituisco

– Signorina, mi spiace ma non capisco

Quale sia la colpa, il reato, il delitto

Quale scure sulla sua nuca oscilli

La vedo scossa, ma stia tranquilla

Prego, si segga qui un istante

Mi dica pure qual è il suo pendente-

– Ho strisciato un paraurti, Appuntato

L’ho storto, l’ho tirato, l’ho ammaccato

Dio quel rumore, quel rumore tremendo

Come di cavallo rimasto azzoppato

E oltretutto l’altro conducente

Il tempo di parcheggiare e mi è scappato

Gli avrei volentieri lasciato

Un recapito, una targa, un contatto

L’intera anima gli avrei consegnato

Dio ora come mondare questo peccato

Come richiudere questo iato

Fra la me sicura, spavalda e sgamata

E questa seconda me disperata e fallita

Aiuto

Aiuto

Aiuto

Faceva bene, faceva bene mio padre

A tenersi le chiavi e lasciarmi appiedata

Crollano qui di fianco muraglie

Di fiducia mal ripagata

Crollano certezze, piedistalli e trofei

Ogni cosa di cui mi sia vantata

Vorrei un tombino per poter annegare

Vorrei un coltello per farmi soffrire

Impazzirò impazzirò impazzirò

Ma d’altra parte

Non riesco, proprio non riesco

A non fallire

CENERENTOLA

Ho pensato di bardarmi di pizzi

Laccetti sete merletti finissimi

Cordini di nylon

Trasparenze soavi

Per fare di cenere incendio

E inoltre labbra borgogna

Unghie color tannino

Per quando se n’andranno

Sorellastre e Matrigna

Ciglia fumose

Vestaglie bramose

Petali di rosa lungo il cammino

Verso un talamo di raso

Due coppette col push-up

E pure due coppe di Bardolino

Mentre nel resto della casa

Nel forno acceso la lasagna

Vicino al frigo il moschicida

In bagno cocci di vetro e di vaso

Gramigna e chiocciole in giardino

Ma non preoccuparti, tesoro

Fino a mezzanotte sono sola

All’inferno balli e principati

Per non perder proprio niente

Ho addosso gli stivali scamosciati

Con cerniera più che efficiente

 

PYGMALION

E dopo averti portata a casa

Ebbro della tua carne

Dei baci e dei fremiti

Sazio del mio bianco

Miracolato giglio scultoreo

Senza peli né grinze sui gomiti

Per una notte noi due

Al contrario di noi stessi

Tu soffice ed io marmoreo

Dopo aver fatto l’amore

Più con le braccia

Che con il mio sesso

Dopo averti adorata

Nel buio dell’alcova

Latteo petalo di luna

Ti ho guardato stamattina

Mentre dormivi

Senza malizia alcuna

Ho visto capelli sul cuscino

Ed anche per terra

Sulle tende e nel lavandino

Ho visto graffi e lividi d’amplesso

Spezzare il lucore della tua pelle

I tuoi glutei prima granitici

Ora flosci come fondi di padelle

Mi sono chinato per un bacio

Ma il tuo fiato mi ha raggiunto

Come conserva di stoccafisso

Ho visto infine nell’incavo

Delle tue gambe

Una secca ma ovvia

Patacca di sangue

E malgrado me

Mi sono trovato a pensare

Se fosse possibile

Rifarti congelare

NETTUNO

Ma quindi cosa sto cercando

Negli occhi tuoi color aconito

Una galassia per poter volare

O una lama per poter fluire

Un lido per poter naufragare

O un abisso per poter sparire

Mi ci rifletterò di piacere

O getterò la lenza in incognito

Nel rio azzurro della tua iride

Nuoteranno Cariddi o tritoni

Il vulcano nero del tuo nucleo

Erutterà rubini o Gorgoni

Mi accontento nel frattempo

Di una sosta su Nereide

Mentre il tuo sguardo pesca altrove

Io annego di te nel mio carapace

E tu, prostrato dinanzi a Giove