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Mustafà

Ho arrotolato il mio io per te
in un tappeto, a fatica me lo porto dietro, zoppo ho il volto serio, scuro e tetro.
Il pomeriggio alle tre
suono i campanelli a volte per paura scappo
a volte cerco di venderlo alle signorine, malandrine.
Nel paese le mamme mi raccontano ai bambini, dicono che se fanno i cattivi arrivo e li faccio scomparire arrotolandoli nel tappeto.
Come me è successo a me
un pomeriggio alle tre.
Annuiscono ingenui ed hanno paura.
Io invece piango a sentirle
In fondo
hanno ragione

Prima elementare

Ti ho messa ad essiccare

al sicuro dentro il mio libro

non ricordo più quale

non ricordo più quando

e ne sento il rimpianto

Starnuto

Dicono che quando si starnutisce

qualcuno stia parlando di noi

Credo che, ora, dovrebbe uscirti

sangue dalle orecchie

per quanto ti penso

Ombra

Lungi da me

adombrar la mia ombra

lume di ciò

che tutto circonda

Sassaiole

Corro in un cerchio in questi giorni del mio vivere a rilento, scalzo

Le scarpe in mano, cestelli degli innumerevoli sassolini raccolti percorrendo gli anni luce

Ogni tanto ne getto uno così da dimostrare il mio passaggio

così da riempire il paesaggio

Affannato a volte riprendo fiato e li rivedo quei sassi lanciati,

alcuni, affondando, crearono cerchi nell’acqua

altri, rotolando, sentieri nell’erba

e i più pesanti, i macigni

sfondarono il parabrezza della mia anima

Per mano

Rivederti ancora e ancora, non di giorno camminando nei boschi, non di notte al chiaror dei lampioni

ma da dentro dove ti prendo per mano, la nei sogni dove piano

ci amiamo

Pluto

E quando ho letto il tuo statuto

mi ci sono riconosciuto in pieno

ho ululato come Pluto

l’ho studiato come no scemo

Ora che imparato l’ho e di brutto

con il sangue evidenzio

le pagine che non ho distrutto

Con la menta

Ci son talmente tante parole in superficie

che l’acqua mi arriva al mento

ed è difficile fare un discorso al lamento

ma con la menta di solito è succulento

Se non stai bene per un momento

e se lo sento

ti dirò son contento

e più loquace vedendo la tua sottoveste

spoglia al vento

Del mio essere colgo il fomento

e mi dilanio per poter non far cento

perchè tu sei l’assolo, lo sgomento

perchè tu da cambiar sei

il mio faro

spento

 

 

Elefante

Ho una memoria da elefante

oltre al giorno in cui sono morto

ricordo solo ciò che tra noi

è equidistante

Campane

Ti notai dentro l’ombra del ridondar di campane

mai uno sguardo fu per me più puntuale

come lo scoccar della tua mezzanotte.

Eri bella talmente

che il frastuono fluttuante

accorrer dovea

nel silenzio d’estate