Skip to main content

Inesorabile

Inesorabile
il bisogno primordiale
di forgiare nuovi soli
a illuminare questi cieli
cupi, così torbidi e densi
così inutilmente violenti.

La ricerca è grave,
e a tentoni brancoliamo
e scaviamo con le unghie
la roccia bruna dell’orgoglio
arsa da paura e insicurezza
sognando un’alba nuova e il suo candore;
perché la vita è brama,
perché il dolore è un seme
nero e adamantino
che al tepore dei sogni
germoglierà fiore di campo.

A denti stretti

Brucia con l’orizzonte il cielo mentre
pece cade celando con violenza
l’opulenta arroganza che impregna
questa enorme menzogna. Dormiremo
notti nere di gelido sudore
e appiccicaticce, tormentati
dalla paura di una nuova, tragica,
orrifica e fraintesa verità

Fuori Luogo

Il mio luogo non esiste,
non ora,
se non in qualche istante
in cui mi sento a casa,
in cui forse lo sono.
Ma poi svanisce,
passa,
e di nuovo divento
ospite indesiderato
di una serenità altrui.

Giusto ora mi sto chiedendo
in quale dei tuoi mille silenzi
tu sia persa.

Vorrei tanto fosse
uno di quelli in cui
per un istante il mio ricordo ti accarezza
e tu,
senza neanche dargli peso,
ingenuamente sorridi.

Bruciano le mie memorie
mentre scruto, sfiancato,
il buio abissale
che cela le future disfatte.
Ogni passo
uno spillo nell’anima,
una microscopica tragedia;
ogni sguardo
un mondo perso,
sconfinata desolazione.

Ci siamo detti tutto
senza pronunciare una parola,
senza guardarci neanche in faccia,
semplicemente immergendoci
nello stesso universo di paure
e affogando insieme.

Quante volte
mi sono detto
mi dispiace
guardandomi negli occhi
nascosto da uno specchio
sperando di essere distratto
e di non far caso a me stesso.

Oggi è uno di quei giorni
in cui tutto ciò che vorrei fare
è piangere a dirotto.
Sarà per l’impietoso grigio
del cielo nuvoloso,
o per l’ipnotico
ticchettio
di acqua sporca sull’asfalto.
Sarà perché è domenica,
e conto con le dita le promesse a me stesso
che non ho mantenuto, come se davvero
potessero bastare
tutte le mani di questo mondo.

Oggi piangerò in silenzio,
lasciando al cielo
il fragore dei tuoni.

Marziale il ritmo
delle stagioni a scandire
ogni mia immobilità.

Non ci è stato detto a quale mondo apparteniamo,
né ci è stata data indicazione alcuna su quale sia
– davvero – la giusta direzione
(l’eterna strada
per la pace dello spirito).
Siamo stati qui posti,
come dame impotenti
in una scacchiera tanto assurda quanto insana per poter
essere compresa.

Accecati dunque dal vano terrore
di dover lasciare il gioco
ci mangiamo a vicenda
– divorando i dubbi altrui –
talvolta con umana ferocia
talvolta subdoli, chiedendone il permesso.

Non è dato sapere, né a me né a nessun altro,
il perché di questa labirintica (almeno in apparenza)
manierata beffa.
Eppure continuiamo a muoverci,
strateghi improvvisati,
pronti a vivere arretrando pur di continuare la partita.