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L’insonne

Il sonno è per i pargoli,
per le anime beate,
per gli ubriachi
di vino, d’amore o fatica.
Chi è sbronzo d’angoscia,
sta sveglio ogni notte,
ad occhi sbarrati
e smaniosi di vita.
Ribelle alla sera,
trattiene il fiato,
finché la Signora
non gli spezza la schiena.

Letto

Abbraccio bianco e enorme

come il vuoto tutt’intorno

a queste parole

 

e a chi dorme,

in fin del giorno,

senza amore.

Grilli

Grilli soli
persi in prati slavati di luna,
non hanno occhi per cercarsi.
Aggrappati a un filo
d’erba secca tra mille
ascoltano pazienti e disperati.
Cantano forte
tutta la notte, sperando invano
di trovare nel vento
la compagnia di un insetto.
Gole spezzate
e gambe rotte, al mattino,
tacciono deluse in attesa
del prossimo crepuscolo.
Isolati in un muro
di steli scuri, si ascolta
più nitida di ogni altra
la propria voce
ogni alba più stanca.

Sempre ho donato

Sempre ho donato bellissime perle
e mai nulla invece mi diede, Amore,
se non il peso di roventi parole
e l’impulso violento di rigurgitarle.

Sempre ho donato gioia e passione.
I miei pochi beni li ho impegnati tutti
credendo un giorno di cogliere frutti,
invece raccolgo soltanto dolore.

Sempre ho donato con devozione
tutto me stesso a questo bugiardo,
a quest’ideale lascivo e beffardo,
infido strozzino col nome di Amore.

Cinema vuoto

È soli che si assiste
al dramma di sé,
proiettato, non richiesto,
in un cinema deserto.
Il rientro è amaro,
non potendo raccontare
a nessuno, o spiegare,
le lacrime e il riso
del proprio film finito.
Ogni storia, ogni vita,
esiste di nascosto,
e ciò che in fine resta
è una pellicola bruciata.

Al sicuro

 

Scrivere è disegnare,
in un mare di vento,
cerchi sulla sabbia
entro cui dirsi salvi.
Contro un oceano
di solitudine
mi ritrovo senz’armi.
E il vento soffia bruto
su questo me sconfitto,
eternamente muto.

Canto derelitto

Da solo me la suono e me la canto
e il mondo non ascolta gli spartiti
del segreto mio dolore intrisi,
abbandonati come un testamento.

Per nessun lettore, oltre me stesso,
è composta questa squallida ballata,
che suonerà invece insensata
a chi non conobbe mai l’Abisso.

È questo il tremendo crocefisso
di ogni vagabondo che un giorno
cercò un fratello nel mondo intorno
trovando niente più che questo:

specchi, in fondo agli occhi altrui,
e orecchi sordi alla melodia
che suona nei cuori di chi via via
sprofonda in giorni sempre più bui.

Distogliete lo sguardo

Son conati di vomito,
non vezzi né fiori,
questi giochi tetri
di parole insensate.

Né virtù né nobiltà,
o bellezza alcuna,
nel sanguinare
pensieri insensati.

Non salvano, i versi,
chi già muore
scrivendo emorragie
di lamenti insensati.

Non sperate di trovare
né arte né altro,
estranei che sbirciate
l’intimità dei poeti.
Perché non c’è nulla
di bello o di eroico
in chi si contorce
posseduto dal tetano.
Distogliete lo sguardo
da chi non ha chiesto
d’aver fradicio il cuore
di questo male insensato.

Memoria

Così resta questo diario:
fotografia impolverata
di una memoria imprigionata
in un testimone defunto.
Sarò io l’unico spettatore
della mia storia, nonché attore.

Cercherò – come allo specchio
la giovinezza tra la pelle
e i ricordi nella mente
scruta inutilmente un vecchio
– in questi versi il loro senso
svanito, ucciso dal tempo.

Queste frasi perderanno la passione
di cui son pregne, come un fiore
che, souvenir d’un giovane amore,
tra le pagine perde il suo odore.

Resterà di questa vita
soltanto scialba cronaca,
un’esanime pagina antica
e forse una poesia sbiadita.

Ambivalenza

 

È facile odiare quant’è facile amare.
Maledico Bleuler, me stesso e Catullo
per non aver saputo scegliere,
spezzando in due il cervello.

È necessario odiare quanto lo è amare,
basta che lo si faccia con vera convinzione.
E chi si crede esente si troverà nella prigione
dell’infausta ambivalenza del suo debole cuore.

Libero è soltanto chi sa distinguere bene,
senza senso di colpa, chi ama da chi odia.
Tormentato invece è chi, troppo buono, indugia,
votato all’amare, e al sopportare eterne pene.

Maledetto quest’animo! e questo mio dolore!
che mi rende incapace di odiare fermamente
chi invece rapisce la bontà della mia mente,
rituffandomi cieco nel voler donare amore.