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Ninna nanna

Chi cerca una culla
che suoni una chitarra!
Le corde cantano per te come una mamma.

Chi sente la mancanza
di una ninna nanna
si faccia compagnia con un plettro e una chitarra

Per cacciare quel silenzio
che un po’ ti fa paura
non serve alcun talento, nemmeno la bravura.

Basta un po’ di fantasia
e dimestichezza con le dita,
i soliti due accordi, gli stessi da una vita.

Ci si mette un’emozione
che sia forte come il sole,
si canta da ubriachi e si è fatta una canzone.

Così stan meno soli
i musicisti ed i poeti:
due note, due parole, e si sentono felici.

Chi sente la mancanza
di una culla o di una mamma
si faccia una canzone,
prenda in mano una chitarra.

Ululato

Chi nel chiasso si dice solo
non sa cosa vuol dire
morire del rumore di nessuno.
Chi è davvero solo?

Chi coll’urlo
stretto in gola
cerca intorno,
in stanze vuote,
un orecchio
in cui ululare:
“c’è qualcuno?”

Chi sopporta
in muto fremito
che muoia lì l’appello
scalciante nei polmoni
e mai udito
“c’è qualcuno?”

Chi dimentica
che ha un suono la sua voce
anche fuori dal pensiero,
tra le cui mura non fa eco
quel grido prigioniero:
“c’è qualcuno?”

Chi s’abbandona
vigliacco al tempo.
Chi s’arrende
e inghiotte in eterno.
Chi non sa
a chi far sapere
che ormai ha perso la forza
di denunciare,
di gridare:
“sono solo,
c’è qualcuno?”

Al tempo

Ci inganni d’essere eterno,
ma tu solo sopravvivi a te stesso.
A noi miserabili è concesso
poco tempo, e nessun ritorno.
È facile dimenticare
che in un istante puoi sfuggire.

Inarrestabile, sei una corda
che corre tra mani lacere.
C’è chi t’afferra, geme, e tace,
chi non resiste, chi ti molla.
La tua corsa così atroce
ha presto fine, ma senza pace.

Preannunciando un cambiamento,
le lancette fai marciare
ma, piuttosto che guarire,
nell’attesa sto marcendo.
Sei solo morte, decadenza,
mascherata da provvidenza.

Tempo, che tramuti
in polvere i poeti,
i grandi in obliati,
e tutti rendi muti;
che spietatamente
dividi gli amanti,
invecchi gli infanti,
e logori le menti;

Tempo, che converti
i sogni in rimpianti,
gli audaci in vinti
e i vivi in morti;
Tempo, che trasformi
le passioni in rimorsi,
conserva questi versi:
ti prego di ricordarmi!

Soltanto sesso

Sesso nella gola,
alcol nei polmoni,
oppio nelle vene.
Passione tra le mani
sfugge via in una nube
di fumo negli occhi.

Bossa nelle orecchie:
volgari le cosce vogliose d’amplesso.
Samba nelle gambe:
al sapore di un sangue sozzo d’alcol e sesso.

Non c’è alcun profumo
nella nube dell’oppio.
Lontana dagli occhi
Passione sei fumo.

Sesso nelle labbra,
alcol nelle viscere,
oppio nella mente.
Passione sei fumo.

Padre e Figlio

Padre,
Cicerone del mio mondo,
Virgilio della mia morale,
accompagnami per mano
perché il tempo corre
ed io non so ancora camminare.

Figlio,
nuova vita del mio sangue,
innocenza nella mia decadenza,
vorrei portarti sulle spalle
ma le mie gambe sono stanche;
tu continua a camminare.

Padre e figlio:
una vita sola.

Generazioni:
una vita sola.

Luce di Marzo

Chi è questo sconosciuto
che sento arrivare dal passato?
Perché non riconosco
il fantasma del mio dolore assopito?
Nella luce di questi nuovi giorni
si confonde la sua ombra
e ad egli sono straniero.

Non cessa d’esistere
quel verme, nella mia testa,
che ha forgiato ciò che sono,
che mi vincola a un passato
di inverni senza lumi
e di visioni senza colori.

Perché fremo
trovando un sorriso nello specchio?
Che forse abbia dimenticato
com’è il mondo d’estate?
Che mi senta in debito
verso lo spettro del mio inverno?

I miei occhi, ormai
affini all’oscurità,
sono ciechi e soffrono
questa luce primaverile.
Spaesato, cerco di ricordare
come si vive senza patire.

Nato guasto

“Stronzo” mi hai chiamato, Mamma.
“Stronzo” mi hai chiamato, Papà.
“Stronzo” mi hai chiamato, Fratello.

Che fare di questa malattia?

Che non m’avessi partorito, Mamma!
Che non m’avessi cresciuto, Papà!
Che non m’avessi amato, Fratello!

E forse non sarei malato…
ma di fatto sono nato,
e scusate se son guasto.

Che fare per guarire?
per non dover più ferire?
Meglio ricominciare:
morire, scomparire.

Dormo in uno scrigno,
ma il sonno è già morte.

Tempo perso

Ti stringo tra le braccia
e catturo il tuo respiro.
Resto fermo,
fermo il tempo.
Questo tempo non tornerà.

Ho freddo, qui da solo.
Ogni alito m’abbandona
il bel ricordo
fugge via.
Quel tempo non tornerà.

Rimpiango il tuo calore
e tutto il tempo
che t’ho donato,
che m’hai rubato,
che ho bruciato,
e che mai ritornerà.

Parole vuote

Ineffabile.
A che servono le rime?
E al diavolo la poesia!
A che servono le parole?
E al diavolo provare
a parlare con un lettore
che neppure mi conosce,
o che forse neanche esiste!

Perché mai potrà sentire
ciò che provo nello scrivere.
Questa è solo carta;
le parole… solo aria.
Sono un folle nello sperare
di poter comunicare!