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Ulcera

Bambina vestita

di rosa, non pulirò il mio

specchio, ma ti ricorderò

in versi sconnessi di corde

scordate, che accompagnano il

cammino da illuso solitario, sorpreso a danzare

con gli alberi, innamorato del vento.

 

Tornerò dalla luna che sorride per liberarmi

dalle formiche vestite di

sangue;

dall’unto che ho sulla

pelle.

 

Fiori splendenti ma senza

profumo, s’innalzano dagli stormi

di fantasmi, forse felici.

Bambina vestita

di rosa, avanzi  con le mani

tese e la pancia gonfia, sempre più

vicina.

 

La verità corrode, più di

uno stomaco,

bucato.

 

 

Il tuo pastello giallo

Avevo le chiavi di San Pietro in

mano, strette in

pugno, in

mezzo alla pioggia.

 

La città non ascolta, non

comprende, non

perdona, non

impara, soltanto dimentica:

Schivando il silenzio;

schifando le lucciole;

sputando sulla neve,

ormai nera, ormai sciolta.

 

Il tuo pastello giallo l’ho già

temperato quasi tutto,

volevo scoprirlo rosso,

vivo, ardere con

i pugni stretti e

le lacrime in tasca,

con gli ostacoli di plastica spazzati via dalla mente.

Volevo sentirti cantare,

senza quei vizi d’appartenenza meschina, di chi

passerà la vita a ricordare quanto era stupito a vent’anni.

Volevo vedere i tuoi occhi socchiudersi

felici, guardare soddisfatta

un riflesso di sorrisi.

 

In questi giorni di morte

le campane del mio paese suonano

a festa.

Il pastello giallo te lo lascio sul

balcone, nelle mie

mani è solo

polvere.