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Τολματον

Mi par simile alle dee,
profumate chiome di viole,
Di crochi e rose sanguigne,
Lei, che di braccia rosate e dita
Affusolate brama non ha, che
Accanto a me sorrisi di miele
Dedica a te, fiele dei sensi.
Sorseggiando l’amarezza
Avida dei nostri imbarazzati silenzi.
Ed io, tra di voi, più non ho
Sufficienti forze per fingere,
Più voce, nè fiato, nè calore
Ho, nel corpo che accanto a
Lei sosta inerme, davanti a te,
Simile a piombo, mentre per me
Tutt’al più non resta che il dolce
Tartaro notturno che mai Zefiro
Conobbe di Vere. Tra sospiri
D’indifferenza si aggira il cuore
Mio che mai non reclama di te
Che uno sguardo d’intesa.
Eppure so che ben presto
La seguirai, lei ben presto
Amerai, perché è questo che vuoi:
Attraverso il dolore imparare
Ad amare. Ostaggio e premio
Di consolazione, mi incateni
In un gorgo d’insaziabile pena.
Nulla di più si può sopportare…

I soli possono tramontare e poi risorgere
ma tu ti sei assopito sulla nostra clessidra
perchè col Tempo
tenevi il conto di quel lento stillicidio esiziale,
la fuga dei tempi.
Ai mortali sono concessi pochi granelli
per vivere, sopravvivere, resistere,
abbandonare l’odio e l’amore;
e tu con amore e con odio
in un soffio hai disperso nell’etere i nostri,
l’oasi dei mondi.
I soli possono tramontare, risorgere, e poi
semplicemente morire,
tu hai creduto che l’eternità
sarebbe stata alla nostra altezza
e un sole morente mi hai offerto in dono,
l’occaso di un cuore.

nox est perpetua una dormienda

Μουσαι

E se tu non fossi altro

che un’appendice illusoria,

un indice gravido di

inique falsità, una

crudele promessa espunta,

l’introduzione del nostro amore

sarebbe per questo meno promettente del seguito?

Spesso anche le Muse ispirano

canti simili al vero…

E aprì loro le porte

Teano dalla bella guancia:

a me ogni accesso è precluso,

chè braccia diafane

e dita di rosa non

possiede la supplice

scitica. Tuttavia anche

loro ricusò la glaucopide…

I tuoi occhi non li ho dimenticati
mi accarezzano il volto
come un’alba perpetua
che s’alza perchè ci ha rapito
nel suo risplendere opaco,
tra la sfumatura cielomare
di un momento che dura per sempre.

Effimero arancio, tornerai forse
diverso al tramonto?

E come il cielo d’Agosto
piange di stelle,
così anch’io,
mentre stringo le tue mani
ti penso già via.

Ma i miei occhi bagnati
non fermeranno
il mio cuore lacerato
dai soprusi del tempo,
dalle tue parole
e dal fato crudele
che ci separa,
che ci impedisce l’amore.

Luce calda di metà Marzo
penetra tra due foglie d’ulivo,
il suo tronco è il mio muro,
mentre le fronde frastagliate
di vento sono bagnate dal sole.

Io, tra tinte d’erba opaca,
tra cespugli di foglie
divisi dal bianco traliccio
di una sfera crudele,
godo di un calore a metà,
tra le gialle margherite
e ombre che si muovono.

Vorrei che il tuo sguardo

incrociasse il mio

e che le nostre mani

si cercassero lentamente,

cullate dal turbinio delle onde

mentre un vento leggero

ti sfiora i capelli che

come foglie di gelsi che cadono

accarezzano il mio volto

ricoprendolo

di un manto che profuma

di felicità raggiunta.