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Un’alba per un castello

Qualcosa stava per spezzarsi o così sembrava
Forse i nostri corpi dopo il turno di notte
In attesa di stagioni furiose come padri disperati
O di un nuovo dio da truffare e dimenticare

Mi sembrava di averti già incontrata ad una festa
In una Parigi che non c’è più, cent’anni fa.
Questo era il sapore che lasciavi intorno la mia bocca
Quando mi lasciavi nudo a letto e scappavi via non so dove

L’ultima promessa d’inverno lasciala sulla mia lingua:
Succederà qualcosa di vergognoso in pieno giorno
Quando volando riempirai la stanza di minuscoli pesci rossi
e io mi trasformerò in un pomeriggio di un isola deserta

Ma nessuno si preoccupi per i nostri addii
Delle nostre vene disegnate dai fulmini
Delle amnistie concesse in attimi irreali
O Della nostra alleanza senza parole

Tu scambieresti un castello per un’alba?

I secondi che ci separano dallo spettacolare crollo della diga

È cenere dispersa di sale azzurro il nostro arrivederci
Insopportabile bellezza di chiese vuote nel cuore della notte
Un incidente di felicità o giustificazioni in controfuoco
Corteggiando il pericolo lungo il precipizio

Ti lascio una mappa per attraversare la vita a velocità di cometa
L’incantesimo per trasformarti in un rovo di more
Ti lascio I gesti calibrati da attori della Hollywood underground
Il segreto di una festa che conosciamo solo io e te

Se solo il cane avesse smesso di sbadigliare un secondo prima
Forse Tutto sarebbe andato in modo diverso
Ma stavamo combattendo la nostra battaglia indecisi
Sull’aver il coraggio di partire o scegliere quello di restare

Ma La bestia si annida lungo il suicidarsi delle cose
Li dove i Sogni tolgono la voglia di essere raccontati

Poi Il silenzio era riuscito a vincere la sua battaglia
Contro il tuo respiro dopo aver scopato

Carità

Perfezionavamo la fame e la sete
Per nascondere le nostre tracce
E Con astuzie dei corpi migravamo
Verso perdute geografie minori

Eri bella e feroce nel tuo sorriso al contrario
in uno sguardo che non ha dove posarsi
Carità sulla polvere del mondo
Sulle sue briciole sul suo polline

La tua voglia che smisurava al ritmo del mare
Era Una superstizione a cui non credere
Era Farci monasteri di silenzio prendendo fuoco
Una favola malvagia sulla Ricchezza di mandorli

Ci sono tre fiammiferi inceneriti sul tavolo…
Oggi il cielo ha qualcosa da nascondere…
Poi in quell’attimo ci tuffammo in una poesia
Che era terra di poveri con fiori sulla lingua

Lì dove tutto dev’essere accoltellato

Erano Tempi di addii guerrieri in stazioni maledette
E viaggi in treni notturni pieni di tristezza
Con la ferocia di chi sorveglia tempeste e rovine
Stringevamo i denti nella vita fino a farla sanguinare

Nella notte della luna del cervo e del bianconiglio
Con i nostri commerci cercavamo di fare ingelosire il cielo
Pagando dolci castighi con gli amen delle nostre grida
Stanandoci impauriti di nascondiglio in nascondiglio

Provavamo a confonderci forse a confortarci
Imparando a leggere il fondale marino, le crisi dello zodiaco
Il linguaggio dei fiori o la cenere di case incendiate
Con la speranza di naufraghi in cerca di buone notizie.

E Ancora Ci inseguiamo sempre anche se ci perdiamo sempre:
Nel rumore del passo di un grosso felino
Nei nostri racconti del terrore e della buonanotte
Fin dentro un sogno di cui si ricorda solo la pioggia

Fin lì Dove tutto dev’essere accoltellato

I veri ladri amano troppo

C’è già un rigoglio tropicale attorno al ricordo di te
E rifugi scadenti, porti di sfortuna, pericoli tranquilli
Praticavamo il silenzio trafficando in corone di rami di corallo
Prigionieri che saltano subito alla gola per giustificarsi

Credo che niente serva ormai contro il nostro fare foresta
Contro il nostro innocuo prendere e disperdere la mira
Nemmeno mentirci come fanno i temporali e le guarigioni
O ingoiare l’ancora e uscire finalmente allo scoperto

Al principio come bestie di miseria a digiuno da giorni
Per somigliare a dei sopravvissuti o a bambini indomabili
ci perdonavamo ogni cosa ogni impronunciabile segreto
Ma è meglio che tu non sappia la verità di quelle notti

Era solo per derubarti che ti guardavo negli occhi…

Nel silenzio d’averti intorno

Ci incontravamo in un porto del Mediterraneo
Per Scambiarci un segreto e l’indomani sparire
Eravamo Abituati a stare in mezzo agli spari
A degradare la distanza tra il furto e la la fame

C’era un ventilatore al soffitto
per una donna dai climi caldi
Il risarcimento di un incubo
E la confisca di un sogno

Tra la mia bocca e la tua battaglie per disarmarsi
Avvisi ai naviganti nel disperdersi della notte
Una voce chiama ciò che non può perdere
Indecifrabili segni nel silenzio d’averti intorno

E mi assale l’odore di un mare irraggiungibile
Un punto morto nel cielo angeli in esilio
Tutto dipende da come il blu t’impaura
Dal vento lungo la pelliccia del lupo

Western Koan

Mi hai insegnato a sparare con davanti a noi il niente
Sorridendo sicura che in qualche modo lo avrei mancato
“Non vorrei ti servisse quando sarò lontana”
Hai detto al mio orecchio premendo il grilletto.

Sentivo il rumore degli acquazzoni
Nel mio chiamarti che piano scolora
Vivendo sul bordo della fine del mondo
Volevamo quello che è difficile trovare

Avevi lo stesso sapore di corrompere uno sbirro

Li dove non è permesso guardare neanche a Dio

L’agente del karma è venuta a trovarmi stanotte
aveva un corpo bellissimo e un fucile carico
Dice che morirò sognando il sud america
O qualche altro perdut’amor che è meglio non dire

Li Dove non è permesso guardare neanche a Dio
Si piange in atti di debolezza e ingannevoli fioriture
Si cammina scalzi lungo un destino ridicolo
E Si dorme male ma sullo stesso cuscino

Le tue unghie in mezzo al cielo della mia schiena
Accompagnavano il temporale esploso dal nulla
Eravamo solo un respiro trattenuto
Un Prepararsi a ricordare

Creature impaurite approdate in una favola
Dove tutto è maledetto dove tutto è bellissimo
Un animale morente strapazzato a terra
Che esiste solo nei sogni dei poeti del sud

La fine ci è stata sempre vicina:
Un bisogno di sventura a mitigare la gioia
Un paesaggio della sua adolescenza
Un tramonto pieno di trappole per volpi

Erotika

Avevamo inventato una lingua meticcia per fare l’amore
E colazioni per continuare a godere dei piaceri del letto
Mi stavi educando ad essere sensibile alle tue lune
E alle avvisaglie dei tuoi uragani improvvisi e solitari

Il ragno con cui giocavo distrattamente mi aveva morso
E Senza niente per cui interessarmi in terra decisi per il mare
Guardavo in sogno i tuoi occhi da esule come luci portuali
L’immagine fuori fuoco di un gelato che si scioglie

C’era l’inferno della scrittura da attraversare in silenzio
E un abbandono da tessere in un’improbabile odissea
Una bandiera col sole sventolava in territorio ostile
Il richiamo di un muezzin a gesta erotiche

Dai mettimi le tue lacrime in bocca

Poesia lumpen

Due nuovi sottoproletari nelle case popolari
Annegando nel cinema dei ricordi si chiedono:
Chi insegnerà a giocare a carte Ai figli che non avremo?
E bestemmiano e piangono e ridono e muoino…

Ti volevo con me in quell’edificio abbandonato di Utrecht
Forse una scuola un ospedale o una moschea
Tutta la notte a scopare fino a fare scintillare comete
Ma la realtà era diversa tu eri lontana Io avevo paura

Immaginavo i tuoi pianti come piccoli mostri
Dolci Teneri e sfocati che cambiano colore
Ti avevo insegnato a vedere il mare guardando nei miei occhi
Per quando un giorno ne avessi avuto il bisogno o la nostalgia

Tieni la finestra aperta amore
Stanotte il mondo potrebbe finire

E io voglio guardare…