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Prega

Prendimi la vita
In questa casa di mare
Penso sempre non sia inverno
Il sole stacca pezzi di vernice fresca
La tundra ramata delinea l’orizzonte
E si sparge sulle lenzuola fresche
Non è ancora estate
Ne senti l’odore
Assapori la consistenza di un bacio vermiglio
Rubato negli affanni del quotidiano
Ma in fondo ciò che non è non esiste
I grilli staranno pur cantando, da qualche parte nel mondo
Ed un vecchio si lamenterà dell’insolita calura
È il principio stesso della terra
Tutto ruota e cambia, e rimane sempre la stessa

Non vivo

Non vivo di doveri
Ma di sbagliate intenzioni
Cedo il passo al tuono che cade
Il treno in stazione non è mai in orario
Eppure corro per non perderlo
Suona il clangore delle gabbie
Sono le mie catene arruginite dal tempo
E sono pesanti, e sono ingombranti
E le mani e la testa sono troppo stanche
Un urlo soffice si infrange
Sulle rocce sotto la mia pelle
Non vivo di doveri, ma i doveri vivono in me
E allora mi rifuggo
Immobile nella mia calma
Trasformo parole in echi
Strade in burroni
Passi in voli
Scarpe in ali
Cuori in navi

Incubo

La casa è nella mia testa
quattro mura fragili
Le persone e le cose sfuggono
sono solo in questa dimora
la presa è debole
con fatica strappo brandelli
dal tempo che corre veloce
mentre conto i passi
già non si vede più

Fretta

Sognavo la pioggia

Le strade infuocate

I maglioni di lana

Le felpe usate

Candele spezzate

Respiro bruciante

Di polvere, suoni

La tua anima sgargiante

La folla esulta

Le tue labbra sulle mie

La mia pelle esplode

Ora sono libero e volo leggero

Avvolto con te

Documentario

Butta i tuoi capelli al vento

Si confondono con l’aurora

Non si capisce più dove è divampato

L’incendio

 

Il fabbisogno energetico giornaliero di un picchio nero

È pari a mille formiche al giorno

Capiterà pure che muoia di fame

Ma non lo sento lamentarsi così spesso

 

Se è vero quello che si dice

Potrei per un attimo sentirmi migliore

Fortunato

Ma dovrei alzare il volume

Ed in fondo non mi va

Piume

Il mondo ci annoia

La leggerezza vola

Non la vediamo

Piantati a terra

Con chiodi d’acciaio

Le mani protese

I pensieri pesanti

Il cuore grosso nel petto

Il cielo davanti

Estate

Torbido come il mare d’agosto

Non si vede che il cielo riflesso nella stanza

È un tripudio arancione, giallo, rosso

Tulipani finti

Quelli veri sono appassiti

Sarebbe bello spiegare quella mappa

Scorrerla per cercare quella via sconosciuta

Scoprirla con delicatezza come si fa con un fiore

Già conosco le tue curve sinuose

Lo sguardo un po’ sognante (chissà se c’ero anche io)

E quell’incavo tra spalla e collo

Dove vorrei riposare

È possibile? È troppo?

Lasciate che almeno apra un po’ questa porta

Voglio farmi male, ma di quel male bello

Che me ne ricordi

Ne varrai le pene

Il mio mare infuocato

Qualche volta basterebbe morire

Un moto noioso, che non esplode
non percuote, non corrode
È macchia d’olio in superficie
È trave spessa ed ammuffita
Un terreno incolto
Una cartolina sbiadita
Non mi agguanti, indecisa
con dolore tendi le tue dita
Io cado
ti aspetto senza ritorno
Abbandonato negli abissi del mondo
mi ritrovo
ed affondo

Escitalopram

Apatia insofferente
Agonia compiacente
voglio più di mille cose
per poi poterle perdere
Voglio una casa
un libro al mare
un amore lontano
da poter ignorare
Tangibili materiali
di invisibili voglie
Contraddizioni spente
di una notte insonne
In questa corsa
nulla ho lasciato
solo
un fruscio indisturbato

Voli

Siamo presenti

nel senso che siamo regali.

Intendo, siamo nobili, altolocati

quelli con le giacche di pelle

ed i mobili levigati,

dotati di alti ideali,

ma realizzarli?

Incapaci.

Di sogni raddoppiati

abbiamo davvero bisogno?

Frustrante

siamo prostrati

ora gli astanti sono un po’ imbarazzati.