Prendimi la vita
In questa casa di mare
Penso sempre non sia inverno
Il sole stacca pezzi di vernice fresca
La tundra ramata delinea l’orizzonte
E si sparge sulle lenzuola fresche
Non è ancora estate
Ne senti l’odore
Assapori la consistenza di un bacio vermiglio
Rubato negli affanni del quotidiano
Ma in fondo ciò che non è non esiste
I grilli staranno pur cantando, da qualche parte nel mondo
Ed un vecchio si lamenterà dell’insolita calura
È il principio stesso della terra
Tutto ruota e cambia, e rimane sempre la stessa
V.56
Non vivo
Non vivo di doveri
Ma di sbagliate intenzioni
Cedo il passo al tuono che cade
Il treno in stazione non è mai in orario
Eppure corro per non perderlo
Suona il clangore delle gabbie
Sono le mie catene arruginite dal tempo
E sono pesanti, e sono ingombranti
E le mani e la testa sono troppo stanche
Un urlo soffice si infrange
Sulle rocce sotto la mia pelle
Non vivo di doveri, ma i doveri vivono in me
E allora mi rifuggo
Immobile nella mia calma
Trasformo parole in echi
Strade in burroni
Passi in voli
Scarpe in ali
Cuori in navi
Incubo
La casa è nella mia testa
quattro mura fragili
Le persone e le cose sfuggono
sono solo in questa dimora
la presa è debole
con fatica strappo brandelli
dal tempo che corre veloce
mentre conto i passi
già non si vede più
Fretta
Sognavo la pioggia
Le strade infuocate
I maglioni di lana
Le felpe usate
Candele spezzate
Respiro bruciante
Di polvere, suoni
La tua anima sgargiante
La folla esulta
Le tue labbra sulle mie
La mia pelle esplode
Ora sono libero e volo leggero
Avvolto con te
Documentario
Butta i tuoi capelli al vento
Si confondono con l’aurora
Non si capisce più dove è divampato
L’incendio
Il fabbisogno energetico giornaliero di un picchio nero
È pari a mille formiche al giorno
Capiterà pure che muoia di fame
Ma non lo sento lamentarsi così spesso
Se è vero quello che si dice
Potrei per un attimo sentirmi migliore
Fortunato
Ma dovrei alzare il volume
Ed in fondo non mi va
Piume
Il mondo ci annoia
La leggerezza vola
Non la vediamo
Piantati a terra
Con chiodi d’acciaio
Le mani protese
I pensieri pesanti
Il cuore grosso nel petto
Il cielo davanti
Estate
Torbido come il mare d’agosto
Non si vede che il cielo riflesso nella stanza
È un tripudio arancione, giallo, rosso
Tulipani finti
Quelli veri sono appassiti
Sarebbe bello spiegare quella mappa
Scorrerla per cercare quella via sconosciuta
Scoprirla con delicatezza come si fa con un fiore
Già conosco le tue curve sinuose
Lo sguardo un po’ sognante (chissà se c’ero anche io)
E quell’incavo tra spalla e collo
Dove vorrei riposare
È possibile? È troppo?
Lasciate che almeno apra un po’ questa porta
Voglio farmi male, ma di quel male bello
Che me ne ricordi
Ne varrai le pene
Il mio mare infuocato
Qualche volta basterebbe morire
non percuote, non corrode
È macchia d’olio in superficie
È trave spessa ed ammuffita
Un terreno incolto
Una cartolina sbiadita
Non mi agguanti, indecisa
con dolore tendi le tue dita
Abbandonato negli abissi del mondo
mi ritrovo
ed affondo
Escitalopram
Agonia compiacente
voglio più di mille cose
per poi poterle perdere
un amore lontano
da poter ignorare
Contraddizioni spente
di una notte insonne
solo
un fruscio indisturbato
Voli
Siamo presenti
nel senso che siamo regali.
Intendo, siamo nobili, altolocati
quelli con le giacche di pelle
ed i mobili levigati,
dotati di alti ideali,
ma realizzarli?
Incapaci.
Di sogni raddoppiati
abbiamo davvero bisogno?
Frustrante
siamo prostrati
ora gli astanti sono un po’ imbarazzati.