Di te
non possiedo alcuna traccia
tra le pupille abissali,
immense
come i buchi neri dello spazio incompreso;
ci nota forse assorti e distorti
o distolti dalla medesima via?
Fluttui fatuo nei miei scarni sogni
ed io son memore dei simboli sfregi…
Sul tuo sguardo non gravan le perpetue stagioni
giacchè (se ancor te lo domandi)
è di defunti ideali ch’io adesso lo irradio.
Ciò che possiedo è una scaltra agonia:
insidiosa e viscida,
tessitrice di scherno e sconforto;
altro non ho che la consapevolezza spavalda
(rovente come il Sole ad agosto,
cui supplico per l’echeggiare d’un mio cenereo pensiero
tra i tuoi mille arsi e riarsi)
del fatto certo che non verrai:
che non l’avresti fatto
né mai lo farai.