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Fanciullo siedo tra le spighe rivolto alla luna,

la voce rotta mi è condanna

e sol di essa si cura il confuso vagar del vento.

 

Ogni fiato, la notte, conosce il rallentar dell’ore,

v’è più tempo di quello che di viver riesce

e non fa paura la severa puntualità del sole.

 

Eppur già incede,

e al suo sorgere, della notte illuminerà tutte le lacrime,

come ad esiger spiegazione.

 

Non curartene, si tacciono al giorno le debolezze sussurrate alla luna.