Talvolta li ho visti fra sterpi inciampare
con pelli logore e pesanti sulle spalle
ché freddo li fa penare e crepare.
Talvolta ho percepito gli evi passare;
appena di percepire è permesso.
Sangui di belva, strappi d’acciaio
e squarci, pietre sbozzate e crol-
lano e nuove erette e immense e
quindi a me giunte. Le pelli
terrose dall’odore di fieno e lebbra
sempre più fitte, l’inciampare incerto.
Fumi di selva, ordito di città,
si confondono come passeri mattinieri
qui che dell’uomo è il crepuscolo.
Sicché le pelli mi si fecero strette, i loro
ciuffi macchiati la casa, gli
occhielli le finestre, un possente
tempio di decadenza.
L’arcano maggiore spezzò – ho
perso il palpito dei giorni –
– è oggi! – serrandomi il montone sui capelli.