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Anatomia psicopatica

una volta ho scritto una poesia
sul retro del biglietto di un treno
che delineava
il rilievo plastico con luci e ombre
dei tuoi occhi la mattina,
lasciati alla deriva
sul ciglio del cuscino

una volta ho scritto un poema
che descriveva
con vago pressappochismo
le tue mani
cento ventisei fottuti fonemi
per parlare delle tue mani
e ancora non ho finito
di ritrarle esaustivamente

una volta, su un pezzo di scontrino
ho scritto una sola parola
per esporre semplicemente
come la tue labbra socchiuse nel sonno
potevano essere paragonate
a un quadro di Fontana
o a quello di Courbet

una volta, con le mani appiccicose
di liquido cerebrospinale
ho risposto all’interrogativo
cosa c’è nel tuo cervello?
che mi ero posta scrivendolo su un muro
una sera in cui non mi parlavi
con mio profondo rammarico
ho inesorabilmente potuto notare
che al contrario di ciò che raccontavi
non conteneva alcuna
immagine di me