Sterminata vacuità
carenza cromatica
solo sabbia e grigio
svettano i monti inermi
sparuti
siedendomi sul vortice
orizzonte degli eventi del burrone
spigoloso terreno
quasi dolore
accetto l’unicità
percepisco perpetuo il moto di qualcosa
dentro
fuori
dei pianeti forse
del mio mondo arido saturo
secco intorno
inodore come il freddo sulla pelle
veloce rispetto alle stelle
fisse nel ventre dell’universo
costellazioni immaginarie
magnifici dipinti sul mondo
alzare la testa questo basta
e poi
infine
percettibili appena i miei sensi
audace perseveranza
catartica nelle fibre,
artico ormai
il mio terreno.