L’inchiostro si suicida
ogni qual volta tento,
celeste come la rugiada,
di delineare il mescolarsi nostro,
un mescolarsi malsano
perché fuggitivo, svelto, ratto,
seguito compulsivamente da
uno scindersi, da
un ergerci le mura.
Stai tranquillo,
le vedo le tue ombre,
le vedo al buio danzare
e formare ellissi argentee.
Stai tranquillo, tranquillizzami
non ho paura di lobotomizzare le mie e le tue
agonie.
E tu? Tu mi porti a spasso tra le tue ombre?