Abbasso le tapparelle
chiudo la mia finestra sul mondo
lascio entrare solo i fitti raggi
delle intersezioni
sul grande armadio bianco
si staglia un infinito gioco di luci e ombre
tutto si confonde
non cantano più gli uccelli
e il vociare della città si disperde
Lentamente
con il dito
seguo
le mie linee
le mie geometrie
i miei vuoti:
è calma
è pace
è luce
Si proietta
divinamente
nel caleidoscopio
della stanza
la mia figura
e non conosco
più religione
se non quella di far l’amore
con le mie stesse ossa