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Tra il Despota agghiacciato
e il ghetto dell’Eremita
c’è un sentiero stretto
(ad alcuni apparirà lungo –
ottimisticamente fuori scala
una volta che ti scopri
nel ritorno all’eterno):
porta sul porto.
Lì, se non avrai più gli occhi
e memoria del ritorno,
scorgerai una nave
ormeggiata a largo.
Nel cuore alberga la rotta
e non per questo nella bocca –
rotta la voce tra i marinai
che sognano il mare.
Giorni duri e magri
attendono il ramingo dei mari.
Giornate buie e amate
chi distingue la nave dal mare,
che esangue non distingue
sentiero, monte né borgo
e langue.

Paris II

Una felicità sorda ed orgogliosa
Nel diventare cittadino del mondo
Nel parlare le sue lingue
Nei cinema melanconici o nelle metro impregnate di impegni
Chissà dove stanno andando tutti

È la mia città e sono in amore con lei
Nelle sfaccettature più violente e fugaci
Perche è vita vera quella che assaggi per queste strade
Sempre bagnate, con acqua che scorre in discesa
Non ne capiró mai il motivo

Come faró ad andarmene

A lasciarla sola mentre viene consumata da altri
Assaporata da uomini distratti
Che non ne colgono l’odore
Voglio continuare ad essere
Parte delle loro telefonate, del profumo dei capelli
Chissà se le mancheró anche io

Paris

Forse è il pensiero che altri ti vivranno
Ma peggio
Non come ti ho vissuta io
Come ti ho desiderata
Amata
Respirata
Mi sono nutrita di te
Ti ho rubato l’anima
Ne ho fatto un cappello
E te l’ho restituito
Con un piccolo biglietto d’amore dentro
Sarai per sempre parte di me
Della mia crescita
Ed evoluzione
Del primo giorno in cui mi son sentita donna
E non ne provavo imbarazzo
Ho raggiunto l’equilibrio in te
Mio punto fermo
Che per quanto ci sia vento
Non cade
Che per quanto alte siano le onde
Non affonda