Io mi intendo di inutili cose.
Di pretesti, ad esempio,
di pose.
Di tramonti mi intendo,
e di luoghi venturi,
di sillabe aperte,
di tratti insicuri.
Io non mi occupo d’altro,
di nient’altro che questo:
del perché delle rose,
del perché delle attese,
del come, perché
delle inutili cose.
Poesie
6 – L’Innamorato
Per il piacere di andare
non sarò meno chi scelgo
di chi avrò rifiutato.
Dell’identità il principio
è fine di contraddizioni.
Mi scoprirò solo, se voglio,
ma intanto vorace
comprendo l’altro col cuore.
5 – L’Imperatrice
A cosa serve fortificare mura
se il volo è per sé una distanza?
In attesa di tempî più cupi
porto domande e domando risposte.
Perché andare se andando
disperdo il mio centro?
4 – Il Papa
Ieratica è la posa
della mia autorità.
Cavalcando s’impara
a esser cavalcatura nella tempesta.
Ma non è mia oggi la lotta:
distante s’allontana l’usato fragore
e so inventarmi
una nuova calma.
3 – L’Imperatore
Sono guida per me
e per gli altri.
Mia è la giustizia
mia la condanna.
So schierare le idee
e in battaglia non so
desiderare
la fine della guerra.
2 – La Papessa
Venne poi il tempo
– non di comprendere –
perché già fu
ma di capire
che due sono le colonne
portanti l’identità.
In due versi si cela l’arcano
in silenzio si può affermare: io.
Sedetti al tavolo cercando parole,
sperando
in un loro naturale fluire
di mente in inchiostro.
Attesi, gli occhi contratti.
Contemplavano volute vaporose
cadute al pensiero nel procedere
incerto
tra caos e ragione.
Disperai
desiderando ordine, senso –
bellezza.
Poi un bagliore
di cellulosa intonsa
e di tal quête intravidi
colori come di tracotanza:
Cosa attendi
su quella sedia,
chiusa nella tua stanza?
Ancora non cogli
che scrivere
è un effetto collaterale della vita?
Poesia per il Messico
MESSICO
La bocca nel pozzo dello stregone
dell’ acqua del popolo del Sud,
profezie del Popol Vuh,
ruggiti di scimmie urlatrici
mentre su Rio Usumacinta filano
lunghe le barche messicane,
mistero profondo, struggenti armonie
epifanie, rivelazioni e simboli
sentimento forte,
nella stretta morsa delle circostanze
l’orrore dell’ombra
si accompagna ai colpi avversi della sorte.
Drago, lingua di fuoco
parole veloci di tuono
contrasto roccioso
di grotte e dirupi
se non volo libero e cado
mi inerpico geloso, vile , contagioso.
Tra pozzi profondi collegati orizzontalmente,
è la mia mente
fossa comune di lettere
morte di speranza
in casa della comprensione,
e colate laviche di retorica
inceneriscono e fondono la logica
anche se
manco di niente, manco di tutto,
nell’assenza del giusto gusto.
E chiaramente odio ogni giorno,
ogni giorno senza te
che passa inesorabile
e finisce mutilato, dissanguato,
essiccato.
Eccone uno che termina ancora,
così mi accontento
di verità simili o simulate
sporcandomi in pozzanghere
su mafioso cemento.
Ti sogno saggia, nell’antica Roma
alle terme di Diocleziano
in un mondo chiaro e pagano,
gallerie e acquedotti di acqua pura
con scritte latine sotto statue dalla folta chioma;
riusciremo ad avviarci lontano
se infuocato senza lamento
servirò me stesso contento.
Maledico i giorni, i mesi e gl’anni
il loro ritmo tetro
che mai rispecchia
la misura o il metro
dei miei pensieri, dei silenzi, gl’affanni