Poesie
Reazione
La gravità funziona al contrario,
una forza ineluttabile mi spinge verso l’alto,
cerco di aggrapparmi al lenzuolo
ma la spinta mi scaraventa fuori dalla finestra.
Il lenzuolo si strappa
e le mie gambe grondano sangue.
Vedo tutto diventare minuscolo
e più ascendo al cielo
più accelero.
L’aria si fa rarefatta.
Ho freddo,
ho molto freddo.
Vedo la Terra da quassù.
È bellissima.
Apro la bocca per lo stupore
ma la mia pelle è ormai dura,
(troppo tardi)
è grigia e gelida.
Non sento più le gambe,
ho perso sensibilità,
vorrei piangere ma non posso,
non ci riesco,
non ha più senso.
Il ghiaccio penetra nel mio corpo
e lo crepa dall’esterno.
La coscienza vaga,
qualche ricordo vago appare nello sfondo,
ma tanto non ho più niente da dire,
il fiume di fiele è ormai passato.
È stato tutto qui,
è stato tutto lì.
La grammatica della misericordia (l’ultima canzone)
Credevamo nessuno potesse avvistarci o catturarci
Eri un regalo tra poveri. La Pelle che non crede al coltello
L’ultimo dettaglio Che chi muore ruba al mondo
Gli occhi viola della donna che non ho mai incontrato
Il nostro segreto era pensarci come un furto
Non parlare della nostra bellezza neanche nel sonno
Portavi dei gioielli alle caviglie con il suono della pioggia
E Da te dipendeva il pasto delle bestie del cuore
Il cameriere levava quelle quattro stelle rimaste nel piatto
Sapeva di non essere del tutto innocente. Proprio come noi.
Tutti avevamo studiato alla scuola del pane e della libertà
Dove ci hanno insegnato la grammatica della misericordia
Quello che allora non sapevamo era dimenticare
Quello che non abbiamo mai imparato
È la lezione dell’ultima canzone
prima dell’attentato
Carezze
Ti accarezzo
Quando dormi accanto a me
Dolcemente
Sulla tua pelle
Le mie dita compongono
Ti amo
Con la punta delle dita, silenziose, in una carezza
Ti amo
Con tutto il mio cuore, rumorosamente, in uno sguardo ti dico
Ti amo
14-7-23
Svegliarsi, la mattina, a Palma
un letto in due, testa piedi.
Colazione al naturale, che schifo l’avena!
Una finestra si apre sul giorno, sul mondo
che belli i tetti quaggiù.
E via per le strade ancora dormienti
senza caffè e sigarette, solo te.
un “pico” di baci
ciao, adios!
Murazzi
mi riempo di tempo vuoto
ci penso, lento, nuoto
tra i pensieri in fuga
e come ieri, nuove siga
non dovrei
fumo e mi calmo
finalmente un senso
!].[!
Non ti voglio più vedere.
Quello che offri
mi è indigesto.
Non sopporto più il tuo controllo
travestito da amore,
è un prezzo troppo alto
che mi fa male.
Mi addolori amandomi
e non te ne rendi neanche conto;
lontano da te
mi sento autentico,
libero e felice,
nella mia autonomia.
Damn Johnson
Damn Johnson.
Schiantato sul bus. Damn, sento russo che mi brucia il timpano, Boshka!
Un fratello stasera se ne è andato, figlioli, manco un addio decente sono riuscito a dirgli.
Prosecco nelle vene e Lei, fratelli, una Boshka di bronzo corvino che un abbraccio è una accoltellata.
Umidità del cazzo, è ora di un dannato Gin Tonic.
Corridoi sotteranei, segrete malvage e discorsi buii nei retroscena del palcoscenico del mondo danno vita alla commedia.
“Sei un cazzo di coglione!” Lo so Fredson, ma la poesia sconfigge le fiamme dell’inferno.
Cazzo, sto tramonto da pulman grezzo senza aperitivo sbronza le mie narici.
Vattene vecchio! Guardami, non ho niente che ti può fregare.
Vene d’oro riccioli di gin, specchio dello sguardo di ghiaccio. Sabbia amara tra le ginocchia e sei ricordo d’ombra. Carotidi violacee nel buio dei fiumi di Parigi.
Ornate d’oro i coltelli, fratelli, e catturate lo sguardo alto della Dea!
L’ordine lo eseguo, principessa, e nell’ombra dei tuoi capelli mi dileguo.
Buio e calci in faccia.
Prossima volta sull’altare del vitello ci voglio essere io!
Anche i rincoglioniti piangono
Si nasconde in disparte
negli angoli bui
in cui combatte i suoi demoni.
La pelle diviene rugiada,
il cuore un cavallo galoppante,
i muscoli pietra granitica,
gli occhi evitanti
e lo spirito schiacciato dal peso degli sguardi.
Si scorda cose,
non performa
e si mangia le parole.
Stupidità è la sua lettera scarlatta,
il marchio indelebile
cucito da lingue fredde come il metallo
e osservandolo prova ripugnanza
così come quando pensa a se stesso;
ma per favore abbiate pietà,
sputate il veleno in sua assenza.
Cercando attentamente nei suoi occhi
sarete accecati a un certo punto
da ogni sfumatura esistente del dolore.
Colpite con molta cautela
perché anche i rincoglioniti piangono.
Impressioni su Liebestraum no.3
Dolce agitato
batte sulle mie carni
non v’è pesantezza
e un poco recitativo
ascolta i respiri
a ritmo dei battiti
delle convulsioni
dell’animo.
Una febbre estatica,
breve come gli attimi
in cui guardi
ascolti
assapori le tonalità
che l’estroso universo
ti concede.
E crescendo crescendo
– appassionato! –
declini in un sorriso
le dolci fronde
che suscitano l’amore.