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Se una voce fuggente e secca

Se una voce fuggente e secca,
urlasse verità innegabili e superiori
da una foglia di acero strappata.

Se nel vuoto cadessero,
precipitassero occhi,
s’illuminasse l’aspra pupilla
dalle infime e molli resilienze,
sospiro e rugiada nel campo di mirtilli.

Se congiunte le costellazioni aliene.

Allora apparirà sul calare del foglio
un candore di pastello che avvolge e spreme,
cencio e panno stesi all’ombra del terrazzo,
dalle gridanti, uggiose, sorelle
che filano l’erba sulla sedia.

Ma cosa e perché supponiamo, noi,
persone di sangue comune e qualunque
che incappano le assurde e tragiche,
esilaranti vicende umane e alle umane sorti
connessa, la nostra vita
dal sapore di scossa che da scossa dipana
se stessa in forma di rosa, in veste d’ancella.

Trasborda la vergogna e l’assurda sequenza
sequela di assuefazioni e usanze abitudinarie,
ritmo incessante, immobile inverno.
Invero costrutto autoportante, autoreggente,
un lampo nel buio squarcia la sequoia.
Suona il senso, senza sposa o sposo
nella riva notturna del lago,
ondosa.