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E poi arrivi tu,
ai bordi di una città straniera.
Mi chiedi di raccontare,
ed io
non so

Non hai colto la fine nella fine.
Non tutte le imposte fanno rumore.
Ci sono bocche da assassino che si aprono al cielo
e il ronzio di una voce troncata,
elisa

Per D. I.

Vorrei abbracciare i tuoi occhi.
Sei vita che germina in punta di piedi,
in punta di vuoto.
Ogni parola che hai preso per mano
e ogni mia mano che hai preso e lasciato.
Ogni qualvolta hai mutato
un bacio negato in un abbraccio,
il mare in un imbuto
il mare in tempesta.

Un mare in tempesta –
me lo hai insegnato tu,
non dista poi troppo da un cazzo di shampoo

Vengo da te,
da te provengo.
Sono la vecchia del porto,
il bar lungo la strada
e sono la strada.
Risalgo lungo le braccia
che chiamavo mie,
perché rivolta è la terra ora
rivolta è la parola.

La polvere nasconde il male e le radici,
ed è lì che deve essere il mare

Per l’errore di tutte le cose.

Per le mani che possono annullare
rivolgere
rifare
e alla fine,
in mezzo agli occhi

Ma c’è un sorriso in fondo alla via,
tra le maglie del sole
e due righe di vento

RESA

Rendimi la mia vita
e rendimi mortale.
Rendimi la mia ferita,
e la lama e il sogno e
il canto di deriva:
questa Resa appassita e viva.

Rendimi padre e figlio sfinito,
sentiero mai stato tradito
sentiero rappreso.
Come alla terra il mare rapito –
arrendimi.

E rendimi a te.
Qui, tra le braccia mortali,
rendimi a te

 

Leggero è il concepirti,
l’anelito e la forma.
Credo una parola che dica il vero.
Un’altra, sorella.

La parola muta.
Innata,
come l’idea di un limite ignoto

Santo e doloso il fuoco
ed il dolore.
La pietra dura
sarà la carne,
di pietra forgerò il mio cuore.

Santa è la mia ferita
offerta
attesa

La prima luce stempia le cose,
lega i colori in un mondo nuovo.

Tra le tue braccia oggi
non ho trovato niente
di nuovo
e ti chiedo perdono