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Non hai niente

del volo tecnologico

sai di ferro

ma del sangue

le sole statue, in sale

da amare

sono ancora nelle caverne

dalle quali sei appena uscita

hanno forma di caduta

come i passati immemori

come ogni istante

contemplato nelle mucose.

 

Equanimi i golfi liguri

al mare delle tue insenature

edere, ferite dei muri a secco

dei verdi golfi delle tue iridi

sempre si arrampicano

edere vive e dirompenti

ai lati delle mie ferite

a tener strette pietre arse

a rimarginare come erbe essene

soffi di verde vento intuitivo

senza apparenza

solo coro che ha eco

d’anime grandi in spirito

sole braccia dove tu cingi

di alari incandescenti

ogni lembo conosciuto.

Alle fronde dei salici i nostri gesti appesi

le viscere il silenzio dei rivoluzionari

mi scoppiano dentro

come risa ogni scintilla le membra tesa

adrenalina che lancia felini in caccia

schiocco di freccia centrata nel segno

sul mio scudo ho la tua faccia

come emblema del tuo regno

schiuma nera di notti

si solleva sola tra i flutti

una delle tue vene d’oro

avvolta dal quarzo dei tuoi sorrisi

nell’afa indomabile noi siamo Eboli

venti improvvisi

è illusione il ricatto

dei burocrati babilonesi.

Nel blu di prussia o forse oltremare

carezza pure lama di luna

il volto mio tagliato

nel profondo nobile di sogni.

giovane silenzio
già di  molti buoni amici
non quelli chiacchieri di quel che c’è,
sguardi negli occhi
la volta a fuggire
anche gli occhi del cielo,
o quando il meglio
proprio non si può dire

la veglia seria e le venti sigarette
croce rossa batte semaforo verde
la notte a scacchi bianchi e neri
le luci al neon della pubblica amministrazione
la notte può anche essere arrivo.

Vuole qualcosa in me

sfondare questo foglio

e questo muro

e quegli schermi radianti

aprire i recinti

a far scappare

tutto l’importante

imbrogliato

agli ami

delle parole libere

rivoli di esperienze silenziosi

stemperano pietre riarse di me

memorie adombrate negli atrii

sussurrano non v’è tregua

in nessun dopo-di-adesso.