Pochi euro, e già le stringevi in mano:
eran tue. Poi scalpiccio di lei,
tempesta d’ossa, di trucco e di nei,
che ti giungeva da poco lontano.
Le dicevi: “Il bar sta al terzo piano,
su, andiamo! Ma sai, prima vorrei…
Ecco, son per te. Che bella che sei.”
e ormai eran le sue, lì sul divano.
Che poi vi siate scambiati mucose,
abbracci o pensieri, non è affar mio:
a me interessa che siano piaciute.
Soddisfatto di avertele vendute,
ma un po’ d’amore lo vorrei anch’io.
In fondo quelle erano le mie rose.