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Le ragazze amate dai poeti

Non possono morire

Rimangono intrappolate sulla carta,

Sulla pietra, sui pentagrammi, sulle note

Dell’iPhone, negli spazi bianchi delle pagine vuote.

 

Le ragazze amate dai poeti

Non possono fuggire

Rimangono impigliate nei loro lunghi

Capelli, negli gli sguardi di velluto

Nelle mani fredde e vuote di chi non hanno voluto.

00006

descentio

Sono sceso nell’antro di Proserpina

Le mie ginocchia si sono spezzate, sono caduto

Innumerevoli volte dalla ripida china.

Ma era necessario per capire.

 

Io amo, Proserpina, il tuo amore intermittente.

L’inverno ti consegna al tuo amore bramante,

E quando il suo giogo si fa troppo pesante

Ti riporta alla libertà il tiepido sole di primavera.

00005

adscentio

Sono salito al tempio di Fillide

Sulla collina piena di mandorli

Avevo male alle gambe e i piedi sanguinavano,

I polpacci erano dilaniati dalle rose e dai rovi di more

Ma era necessario per capire.

 

Fillide, a cosa è servito il tuo volto gonfio?

A chi ha giovato il tuo collo spezzato?

Non hai capito cos’era l’amore, non hai visto ciò che dovevi vedere.

Penzoli ancora dal mandorlo, come una mela marcia

Senza nemmeno la forza di cadere.

Sì baciano i ragazzi alla stazione lentamente,

Ma il loro amore ha già cessato di esistere.

Si accende il tabacco tra le mie dita,

Ora non è che un po’ di cenere.

Ho riempito il tuo bicchiere,

Adesso, l’hai vuotato già.

 

Il mio sangue non scorre più,

Così volentieri, non ricordo se i tuoi occhi sono verdi o blu.

Non ricordo le parole de La Vie En Rose, prima di andare piangevi.

Eri triste o solo stanca?

Il nido l’avevo intrecciato con molto fango,

E numerosi fili d’erba, alacremente

Avevo messo tutto insieme, attento all’abbraccio

Perfetto di trama e ordito, laggiù su un ramo del castagno

Proteso sul crepaccio.

 

Distratto lasciai un buco nella rete, uno spiffero

Uno solo, minuscolo, ma non credere:

Il freddo entrerà proprio da lì.

 

Allora sbrigati, fai presto e vola via

Non ti rimane che un tempo molto breve.

Corri prima che scenda la notte,

Corri prima che cada la neve.

 

Eleonora annaffia sempre le sue piante

Con un bicchiere di sole

Lo versa sulla tenera radice

Di ogni silenzioso essere che ha in cura.

 

Con passi leggeri si avvicina,

Varca la soglia blu, luminosa,

E disseta con solerzia e discrezione,

Le piccole creature, senza interrompere

 

La loro muta, eterna conversazione.

Con un pensiero lento, esperto

Calcola l’umido avvicendarsi delle piogge, della Luna

Del vento bagnato che viene dal mare.

 

Quando lo sente spirare, Eleonora

Resta ferma sulla sedia, tace

In quella strana attesa, calma e trepidante

E lascia che sia il tempo ad annaffiare le sue piante.