Nell’ingordigia del solo io funesto
mi colse riverbero di sassi e pietre
mura d’Atlantide scuoiate e stese
segnano rivolta alla meglio gioventù.
Afannando volsi la rotta al mare
prono all’accidentale flusso astrale,
libero e senza egida d’indulgenza,
regno e giudico il cuore di Creta.
Non mi s’infrange non mi si frantuma,
apparteno ad una schiera di soldati,
e nave peste brulica verso remoto,
a bordo dell’incoscienza del mio vuoto.