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Prosopagnosia d’amore

Ubriacami
E nel silenzio della notte cullami
Con dolci parole impalpabili
Infuse di sommesse emozioni inestinguibili.
Baciami le nocche stanche
Perché troppo a lungo ho serrato i pugni,
Mordimi le labbra bianche
Dai un po’ di rosso a questo livore.
Imprimiamoci nelle lenzuola,
Fai di questa sacra sindone il tuo cimelio
Ma non lasciarmi traccia del tuo passaggio
Fa’ che io mi desti domani con un mistero:
È stato tutto un sogno
O è successo davvero?

Fototessera

(…)
E penserò al tuo nome,
Agli alberi caduti,
Le mie malinconie.
E quello che vorrei
Forse non avrò mai
Due baci e una carezza
Dirti “Non lasciarmi mai”.
Il tempo passerà, io questo lo so bene
E resterò a guardarmi il sangue nelle vene.
Se non mi vuoi già più,
Se non mi hai mai voluto,
Cancellami il passato
Ma con le mani sulle mie.

Ora che

E ora che
Le mie pupille
Non si dilatano più per te,
La “mia vocina tua”
Non lo è più,
Mi addormento
Su scapole altrui
E tocco la barba
Di ragazzi estranei,
Cosa mi resta
Degli attimi insieme
Delle frasi viscerali
E gli abbracci umorali
I sorrisi distratti
Le cene con l’amore
Le canne e il vino
Su un davanzale vista Basilica.
Mi sveglio
tra braccia impalpabili
E nessuno mi chiede
Di restare fra le sue gambe.
A lui posso carezzare i capelli
Dare morsi
Graffiare
Non fare attenzione.
Tu non potrai
Più
Impigliarti
Nella rete emotiva
Dei miei capelli.
Sei tre categorie sopra
L’empatia
Mai espressa
E io sotto
Sotto
terra.

1209

Eccoti.
Mesi a osservarti
Da lontano
Senza sapere
Dietro quelle spalle che c’è?
Non mi sembrava il caso
Ma
quegli occhi ambrati
Mi hanno scrutata attentamente
Mentre cercavi di prendermi la mano.
I miei denti
Nella tua carne
Che odorava di casa
Quando casa nemmeno sapevo ancora
cosa fosse
Per me.
Il tuo sorriso furbo
Si intonava bene
Al bianco della neve
Come al rosa dei ciliegi
E al blu dell’Oceano Pacifico.
Bebi,
Non vorrei la mia felicità
Dipendesse da qualcuno,
Lo sai,
Ma
“Che fai a Natale?”

Di-stanza

Almeno fossi stato qui
T’avrei guardato negli occhi,
Prima di cambiar stanza,
Per ricordare a vita
Quanto si può ancora amare
Mentre ti si spezza il cuore.

Tic Toc

La luce
A poco a poco
Si disperdeva,
Mentre il penetrante odore di glicine
Si mischiava al fumo d’incenso
Che volteggiava
A mezz’aria.
Mi hai lasciata qui,
Sgomenta,
Senza una parola.
L’incespicante avanzare
Le fa da padrona,
Ma io non guardo
E nelle mie orecchie
Risuona solo il tempo passato.
Solo ieri
Morivi per me.

Prima svista

Mi passi a prendere sotto casa:
La Saxo rossa
E le tue immancabili camicie.
Ci siamo scolati cinque birre
Ma non sono bastate
Ad annebbiarmi i sentimenti
A fermare la sudorazione
Emotiva.
Qualcuno suonava un sassofono
Mentre le mie lacrime si mischiavano
A un’altra bionda.
Tutto torna dov’era.
Le tue labbra distanti dalle mie,
Le mie mani nelle tasche.
Mi piacerebbe dire
“Ti amavo per quegli occhi tristi”
Ma ripenso al passato solo perché è poetico.

Okutama

Fiori rosa,
Fiori di pesco
Ormai sfioriti
Dal nostro primo incontro.
Mangiamo carne arrostita
Tra la folla della festa
“Perché la verità
è che mi piaci proprio un casino,
cazzo.”
Il cielo stellato su di noi
Sulle rive di un lago.
Forse esprimi un desiderio.
Un altro amore che va via.

Parlo di te
degli anni passati
fingendo di bastarci
da soli, separati
fingendo che non parlarsi
eludesse il nostro legame mentale.
Tempo inesorabile
scorre sui nostri fogli
sgualciti dal vento,
macchiati di caffè,
e le parole “ti amo”
tra grinze di sale
penetrano le pagine
e gli occhi.
Ora che sono identica a te
non ho più il tuo sapore in bocca.
So mentirmi da sola,
perché le bugie erano la tua specialità.
Le canzoni passeranno,
come il tuo tocco sulla mia guancia,
ma il ricordo non sbiadirà mai.

Cosa pensi
Che sia
Tirar le quattro
Fuori casa mia
Parlar d’amore
Come
“Cos’hai mangiato a pranzo?”
Farsi del male e
Poi rimetter tutto quanto.
Che pensi
Possa cambiare
Se non parlassimo di poesia
E la sigaretta restasse lì
A fumarsi da sola
Mentre ti butti
Tra le mie costole di burro
Fin dentro il cuore
Senza assicurazione.
Cosa pensi?
Ti assicuro che non rischiare
È l’agonia dell’anima.