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Reazione

La gravità funziona al contrario,

una forza ineluttabile mi spinge verso l’alto,

cerco di aggrapparmi al lenzuolo

ma la spinta mi scaraventa fuori dalla finestra.

Il lenzuolo si strappa

e le mie gambe grondano sangue.

Vedo tutto diventare minuscolo

e più ascendo al cielo

più accelero.

L’aria si fa rarefatta.

Ho freddo,

ho molto freddo.

Vedo la Terra da quassù.

È bellissima.

Apro la bocca per lo stupore

ma la mia pelle è ormai dura,

(troppo tardi)

è grigia e gelida.

Non sento più le gambe,

ho perso sensibilità,

vorrei piangere ma non posso,

non ci riesco,

non ha più senso.

Il ghiaccio penetra nel mio corpo

e lo crepa dall’esterno.

La coscienza vaga,

qualche ricordo vago appare nello sfondo,

ma tanto non ho più niente da dire,

il fiume di fiele è ormai passato.

È stato tutto qui,

è stato tutto lì.

 

 

!].[!

Non ti voglio più vedere.

Quello che offri

mi è indigesto.

Non sopporto più il tuo controllo

travestito da amore,

è un prezzo troppo alto

che mi fa male.

Mi addolori amandomi

e non te ne rendi neanche conto;

lontano da te

mi sento autentico,

libero e felice,

nella mia autonomia.

Anche i rincoglioniti piangono

Si nasconde in disparte

negli angoli bui

in cui combatte i suoi demoni.

La pelle diviene rugiada,

il cuore un cavallo galoppante,

i muscoli pietra granitica,

gli occhi evitanti

e lo spirito schiacciato dal peso degli sguardi.

Si scorda cose,

non performa

e si mangia le parole.

Stupidità è la sua lettera scarlatta,

il marchio indelebile

cucito da lingue fredde come il metallo

e osservandolo prova ripugnanza

così come quando pensa a se stesso;

ma per favore abbiate pietà,

sputate il veleno in sua assenza.

Cercando attentamente nei suoi occhi

sarete accecati a un certo punto

da ogni sfumatura esistente del dolore.

Colpite con molta cautela

perché anche i rincoglioniti piangono.

.

Tanta sofferenza e ancora sei intrappolato nella mediocrità

Daydreaming inconsistente

Sogno quel che non sono.

Una barriera mi separa dalle meraviglie della possibilità,

il muro del tempo e dell’incertezza da cui osservo quel che non è ma voglio far diventare.

I leoni delle aspettative mi divorano le membra

mentre la frustrazione si aggira come un fantasma

e la luce della speranza illumina l’avvenire.

Qualcosa blocca l’azione del cambiamento o io non riesco a vederla perché si tratta di un vacuo miraggio, un infantile approccio.

 

 

La notte cala sul giardino dei Getsemani

Nel giardino dei Getsemani

osservai il maestro

prostrato dal dolore

e assediato dalla paura

all’avanzare del destino inevitabile.

Io compresi la natura dei moti del suo animo

ma, come ogni uomo,

la muraglia del mio sguardo soggettivo

mi impedì di carpire la verità

e la mia mente s’illuse

che la sua passione

non mi avrebbe mai riguardato.

Così, dopo aver consumato la vita,

all’ombra degli ultimi giorni

venni trovato dagli stessi spettri

che perseguitarono il maestro sul monte degli ulivi.

Al contrario di lui però

il mio cuore e la mia volontà non riuscirono a trascendere

un’esperienza così devastante

e fino all’ultimo tentai invano di evitarla.

Coscienza

La solitudine

del mio sguardo soggettivo.

Questa sensazione,

figlia della consapevolezza

di osservare da solo

gli eventi della realtà

che danzano in sequenza

intorno a me.

È come vivere in una prigione eterna

che mi da unicità

ma condanna all’incomunicabilità.

Un aquila che viaggia

intrappolata nel mondo

eppure padrona nel suo ambiente,

così come la natura ha voluto.

Quello che non hai fatto

Melanconia maledetta.

So che non potrò più riaverti,

per quanto cercherò

non potrò più viverti

con l’animo della mia giovinezza

che mai più tornerà

come quel tempo che non passammo insieme

mentre sono divorato dal pensiero

di ciò che sarebbe potuto essere.

I secondi

La solitudine dei secondi;

di chi ha tutte le carte giuste

ma nel complesso sono inutili,

come quelli che vincono tutte le battaglie

ma alla fine perdono la guerra.

La frustrazione che si sente

quando o si vince o si perde,

senza mezzi termini.

E i secondi inevitabilmente perdono.

Ultimi davanti ai primi.