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Posa 37 – non è etico – posticipai la risposta, perché
me sbronzo di me-aspirazione
non potevo che trafelarmela in ritardo. Ritristezza
oddio – che noia – ma io manco volevo farlo
il poeta
sai che articolo, il messere Razzolando che scoperchia
dirimpetto la platea
platealmente
la buchetta del gobbo, che sono io
– eccomi (eco, durevole sta volta) – quindi senatori e
senatroci s’alzano e s’boffocchiano qualcosina che –
non può intendere neanche il più puro dei – chè
ribadisco, sono sempre in ritardo e dai dai coi ritardi
recupero
gli anticipi e la prole che poi sono secondi spesi
bene allo scialacquo – tornate indietro – sbadiglio
matassa d’acquitrino, mi piove pure addosso
mi faccio scala col copione lacerto a quest’ora e f-
accioattempo a rammend-rammentare il titolo che
poff sono dietro le quintessenze

Il Contagio o ciò che mi disse la Ginestra

I

Apparati inusitati
inusati
ovvero inutili ormai
foglie contrarie
non solcati cieli

Esiliata ogni orma d’uomo,
di asfalto fitomorfo
di impalcature arboree
di trasmissioni linfatiche
è libero il globo

II

Il colle lunato ci ospita entrambi
entrambi, sarebbe a dire (io ed essi)
che a questo punto della storia siamo
solo un pizzico
un abbozzo di falso

Cosparsi di muschi
da questi confusi; effetti d’animo;
ondivago nibbio
rovesci da lì a poco
sul fiume in piena luna
su noi, i soli a rammaricarci
e la terra a tratti

III

Fino a quel momento
avevo fruito della Madre
dei sensi come frequentatore svogliato
– scaffale, prodotto sottomarca, prezzo
scaffale
-; Madre non è abbastanza.
Che limitazioni grossolane!
Che fiore spento
quello della rosa canina
a confronto col petalo crepuscolo
quello del croco
se cacciato a lotta con l’orlo
quello della gerbera.
Conoscevo, conosco, conosciamo
(e viceversa) ogni toppa
che abbia mai avuto un nome proprio

IIII

La spora si allanuggina, è un momento
di vero disagio.
Sbocciare è solo questione di frame;
mi acconciano una previsione, i miei
compagni d’arme.
Suggeriscono d’affacciarmi allo stipite, ma
solo un pochino, basti
a vedere l’orrore del cuore in pace.
Ma io no, io mi ci tuffooo!, e il velo
si sbriciola si accoppa la volta
lll’… aria aperta mi mastica le vene
scartati i pori
– inserire aggettivo: era vivo e presente –

Mi sfugge l’errore in quiescenza, da cui
dipese – è chiaro, ma –
il crollo del grande impero. Riposo,
torpore, inattività,
un sonno pare eternamente suo.
Fin quando causa-effetto, il battito di
ciglia del leggendario elefante, l’errore
– che da qui fino ad ora, sarà noto come
va-ni-fi-car-SI
torna a presentare il conto di generazioni ingannate.
Il procedimento funziona puntuale,
senza che nessuno versi l’olio
copioso fra i denti. Così la sabbia
scorre in basso e l’acqua di nuovo
in alto e le esistenze si ammucchiano
murrine.
Così la mia, stilla silicea.

Talvolta li ho visti fra sterpi inciampare
con pelli logore e pesanti sulle spalle
ché freddo li fa penare e crepare.
Talvolta ho percepito gli evi passare;
appena di percepire è permesso.
Sangui di belva, strappi d’acciaio
e squarci, pietre sbozzate e crol-
lano e nuove erette e immense e
quindi a me giunte. Le pelli
terrose dall’odore di fieno e lebbra
sempre più fitte, l’inciampare incerto.
Fumi di selva, ordito di città,
si confondono come passeri mattinieri
qui che dell’uomo è il crepuscolo.
Sicché le pelli mi si fecero strette, i loro
ciuffi macchiati la casa, gli
occhielli le finestre, un possente
tempio di decadenza.
L’arcano maggiore spezzò – ho
perso il palpito dei giorni
è oggi! – serrandomi il montone sui capelli.

Disgraziata primavera
che si schiude per chi spera
fortunata primavera

Incidente, reciproca apprensione: è greve.
Approssimativamentesempiormaindisuso

Tarda notte, quasi presto, passo lesto,
rovàno vernice, occhio giallo, preciso preciso,
[…]
…lli n.3 prospiciente il teatro
(per quelli che amano i casi noir, noisy), tout court, si è
trascinato fin sotto la loggia per assistere all…
[..]
verificatosi da lì a breve – è greve –
vale a dire la fine assurda del medesimo, succitato,
con terribile complicità del fenomeno in atto (fig.2)
Presentava in sintesi pressioni dall’alto e consigli
superficiali e intenzioni di terzo grado su entrambe le identità
(fig.3) come gli accert…
[.]
…cini affermano, caro ragazzo, lavoro onesto,
sempre sorriso ( per quelli che amano i casi drama;
grassetto su social, 20..)

 

Mattina presto, questo resta, di vapori salvifici,
pessima attrice, un patire a intervalli di passaggio a livello
(per quelli che amano i casi docu; ricostruzione accurata
commento, copie vendute 50…)
e a perpetua memoria un nome,
poco importante.

Turno F

Siamo a Capo Nord e non è un sogno
o forse nella Terra del Fuoco e allora sì
avrei qualche sospetto.
Fuori è freddo e non è inverno
lui mi parla di import export medi azioni
counseling cariossidi staminali regolamenti
comunali e di punto in bianco
finiamo col ridere
delle calamite per frigo di gigli
recisi di fogli cioè.
Mi sveglio e non è tardi
lei non mi parla
le chiedo perché non abbia imparato
a parlare tedesco
a coltivare tulipani su terreni acidi
ad alzare lo sguardo nelle seguenti situazioni
recessi rettifiche riduzioni rarefazioni
resi mittente
i suoi palmi terrigni confessano
– zwei von drei -.

Sepolcro segreto

Fiesole, ottobre 2014

 

Chi sono quei “loro” c’hanno creato
una piccola tomba su una strada
che fragili pietre nel suolo arato
proteggono dalla terra gelata?

Chi era quel “lui” che dentro riposava
lontano dai cari e vicino agli avi
cui rendeva onore quando cantava
le loro imprese con versi soavi?

Di chi fu questa terra, di chi sarà?
Due realtà diverse che, lontano,
s’intrecciano come vie in una città.
La tomba affonda intanto nel pantano.

Tracce di un fuoco vorace, ora spento.
Le effigi di qualche moneta, perse.
Perché l’inverno del tempo ha spinto
anch’essa giù tra le coltri sommerse.

Chi sono quei “loro” c’hanno creato
questo piccolo sepolcro segreto?
Qualche foglia dal candore screziato
ha ora ricoperto il suo letto quieto.

Domenica

S’erge dal campo d’oro
il lamento straziante
della falce a lavoro
tra le alte spighe sante.

S’alza dal bosco vecchio
il canto dell’upupa,
d’acqua solo uno specchio
cura l’arsura cupa.

S’apre del cielo quieto
il velo vaporoso
che tiene a sé il segreto
d’un lunedì piovoso.

S’ammanta a mezzogiorno
di gioia il campanile
e spande tutt’attorno
il canto suo febbrile.

Coraggio tanto

coraggio è necessario

per scrollare le tende

serrare le palpebre

cedere al sonno

e sapere presente

nell’angolo estremo

una forma indistinta;

credere sia il tumulo

dei vestiti che ho indossato

e non la salma delle nostre due nudità.