S’aspettarono.
non sapevano far altro
che attendersi.
Lei si chiedeva se
lui la pensasse,
se solo una parte della sua mente
le appartenesse.
Lui, forse, faceva lo stesso
“o probabilmente no.” – diceva lei.
Finirono per far l’amore
con le ore ed i minuti,
dimenticandosi dei rispettivi volti.
Restò solo l’attesa senza fine
d’una chiamata,
d’un messaggio,
d’uno sguardo.
Ma i loro occhi non s’incontrarono più:
e, per la paura d’esser di troppo,
s’amarono tutta la vita
in un silenzio assordante.
A.102
Tu sei l’indifferenza
Stregata:
da non so che incantesimo
che gli occhi tuoi
m’hanno scagliato.
Rapita.
Non c’è prezzo
che non possa pagare,
perché io accarezzi
i tuoi neri capelli;
perché io scruti
quei magnifici lineamenti,
perché io senta l’odore di rose
della tua candida pelle,
perché io goda delle tue corte labbra.
Tu non t’accorgi di me
o forse l’hai fatto
e hai riso dicendo:
“che pena mi fa”
la stessa che provo io
nel vedermi trasportata
da futili sentimenti.
Io Catullo, tu Lesbia
Catullo scriveva:
“Odi et amo”.
Ed io non so,
alla stessa maniera
se t’amo o se t’odio.
Lacerata dalla tua indifferenza,
t’odio.
Frastornata per i tuoi sguardi mancati,
t’odio.
Inebriata dai tuoi leggiadri movimenti,
t’amo.
M’hai confuso,
m’hai scosso,
ma è grazie a te
che mi sento finalmente,
irrefrenabilmente
viva.
Il ticchettio dell’orologio
Ingenua io che
ascoltando il pedante ticchettio
dell’orologio, mi chiedo se
al solo pensier della mia vista
la tua bocca s’increspa in un tenero riso
dove l’occhi gioiscono,
ma lentamente s’abbassano
le gote s’arrossano
e la schiena freme
percorsa da un gelido brivido
– invece di domandartelo –
La parola svanisce
la mente s’offusca
e viaggia
tra le nubi della confusione
create dalla tua presenza
e il timore d’essere derisa
vince sulla favella.
Il sentimento mio si traduce in versi
e la frenesia, delle emozioni
non pronunciate, fa scorrere la penna
su queste vuote pagine
che aspettano d’essere riempite
da languido inchiostro.
Ed io, sempre più lontana
da te, è così
che voglio stare
infossata nell’incertezza
e nell’illusione del mio scrittoio
dove l’immaginazione mia, ingannata
da inutili e falsi miraggi,
non conosce la verità
nascosta nei tuoi lucidi pensieri.
Mai saranno miei
poiché non colsi
l’attimo fuggente nel quale
m’offristi un’occasione.
O almeno
così
m’è parso.
Ubriaca di te
Sei stato il vino
che mi ha resa ubriaca
e le parole che mi mancavano.
I versi fioriscono
la mia anima risorge
la malinconia è padrona.
Hai soffiato nei miei polmoni
sentimenti vitali
usciti da tuo cuore
chiuso come il vaso di Pandora
e che, da allora,
mai più abbandonarono il mio corpo.
A mezzanotte
Ti porterò all’Equatore
faremo l’amore sotto le stelle
fino a che non avremo
le forze di reggerci in piedi.
Così non potrai dire,
ansimando sulle mie labbra
assaporando la tua pelle
graffiandomi la schiena
stringendoti a me,
di non averti
dichiarato il mio amore
davanti l’universo intero.
Ritrovarsi
e mi ritrovo negli stracci,
nel disio di riempire pagine
con parole sconnesse
buttate lì, come se l’ore
fossero vuote
e le frasi
l’unica arma indistruttibile
per la tempesta senza fine
del fuggir via del tempo
dove l’amore tace
e la vita
come il cuor
esasperata dispera
La mia attesa
Il solo pensiero d’averti percepito mio,
anche solo per un istante,
bastò per perdermi
tra il mare dei tuoi occhi.
Ritornata adesso in vita,
sollecitata da un’aria nuova,
dissetata dall’acqua di sorgente
limpida, come le parole che sussurri.
D’improvviso tutto smise di esistere,
allo stesso modo in cui cominciò.
Or ora, aspetto con ansia,
tuoi piccoli gesti
una carezza,
un tocco,
un sorriso,
che m’allietino la giornata.
Tuttavia, mai arriveranno.
Sei uno di quei treni
che una volta passato,
non tornano più in stazione.
Binari morti che io e te
conoscemmo nel secondo in cui
il tuo respiro incontrò il mio
e le nostre anime si baciarono
senza saperlo, o forse,
senza che la tua conoscesse
ciò che la mia desiderava
ardentemente:
essere tua.
La spontaneità di essere noi stessi
È arduo pensare
è difficile scrivere
lo è ancor di più spiegare.
Qual è la ragione di tutto ciò?
– La spontaneità –
e che cos’è la Poesia, se non
l’arte di essere noi stessi?
È verseggiare: liberamente
senza costrizioni
abbandonati al flusso
dei soli pensieri.
È espressione di tristezza
della sera:
svanita
ormai la mattina
come le parole
non scritte
mai
È un continuo cercarsi
rincorrersi
dove io non ti trovo
e tu ti diverti
a non farlo accadere