Vedo il verde dei tuoi occhi,
è medicina del mio spirito.
Gusto le fiamme delle tue labbra,
è il calore delle mie viscere.
Inebrio al tuo odore di dolce metallo,
è la grazia del mio essere.
E mi perdo toccando vellutatamente la tua pelle piena di lentiggini,
ognuna per ogni vita che ti ho desiderato.
Conoscerò te, guida e musa,
che sola hai la chiave per essere migliore?
O ripetutamente dovrò correre
sul sentiero che ancora, dopo troppo poco,
dopo ancora troppi pochi passi,
devo seguitare a calpestarne
le scoscese forme irregolari
in sinuosi passaggi
ad ogni minimo ostacolo
in montagne andine,
fino a trovar la radura ospitale del tuo fertile ventre?
Sfiderò il tempo, con ciò che non ho mai capito,
tollerando la sabbia negli occhi
di ogni giorno buttato su di me,
come se fosse stato inutile farlo.